Lavoro volontario nelle cooperative e anomalia dell’offerta: una questione di percentuali ma anche di regolamenti interni

L’utilizzo di soci volontari da parte delle cooperative sociali, che consente di ridurre il costo complessivo del lavoro anche al fine della valutazione di congruità dell’offerta, deve risultare marginale rispetto nell’economia complessiva del servizio.

Poco dopo una recente pronuncia del TAR Veneto, che ha ritenuto che l’impiego strutturale di soci volontari per sostituire i lavoratori in ferie per un numero di ore pari ad oltre il 10% del monte ore complessivo fosse eccessivo e sproporzionato, il Consiglio di Stato ha ritenuto non rispettare il parametro della complementarietà dell’utilizzo dei soci volontari di cui all’art. 2, co. 5, l. 8 novembre 1991, n. 381 un’ipotesi in cui quasi 1/3 della prestazione era svolta da volontari. L’offerta della prima classificata era dunque correttamente stata ritenuta incongrua ed esclusa.

Al contempo, il Consiglio di stato ha ritenuto ammissibile l’impiego di lavoro volontario prestato dai soci lavoratori per una percentuale di incidenza del 18% da parte della seconda classificata ed aggiudicataria, in quanto la possibilità dell’utilizzo di lavoro volontario dei soci (per un massimo di 36 ore mensili) era previsto dal Regolamento interno della Cooperativa, il cui contenuto era stato regolarmente certificato ai sensi dell’art. 83, della Legge Biagi (d.lg.s. 10 settembre 2003, n. 276). Tale Regolamento – secondo il Consiglio di Stato – avrebbe quindi dovuto essere impugnato ai sensi dell’art. 80 della stessa Legge. In mancanza, non resta che ritenere ex se rispettoso del disposto di cui all’art. 2 comma 5 della l. 381/91 l’apporto di lavoro volontario in seno alla prestazione complessivamente svolta dalla cooperativa seconda classificata.

(Cons. St., Sez. III, 14/05/2018, n. 2867)