L’accesso agli atti delle gare e gli “indizi” della piena conoscenza

Il Consiglio di Stato torna sulla questione dell’individuazione del momento dal quale decorre il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione di una gara d’appalto, nel caso in cui il ricorrente dichiari di aver avuto conoscenza degli atti della procedura e dei relativi vizi solo a seguito di accesso agli atti, con una pronuncia benevola, anche con riferimento ad eventuali elementi “indiziari” della piena conoscenza.

Dopo aver precisato di ritenere che, in virtù della formulazione vigente dell’art. 76 del Codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante non sia più obbligata, nella comunicazione d’ufficio dell’avvenuta aggiudicazione, ad esporre le ragioni di preferenza dell’offerta aggiudicata, la sentenza in esame riepiloga alcuni princìpi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa nella vigenza del vecchio Codice, ritenuti ancora validi. Fra questi, l’insegnamento della Corte di giustizia dell’Unione europea per cui il termine per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto che si ritenga leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione. Secondo il Consiglio di Stato, la dilazione temporale, che nel vecchio Codice era fissata nei dieci giorni previsti per l’accesso informale ai documenti di gara, può ora ragionevolmente essere fissata nei quindici giorni previsti per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato.

Ove però la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l’accesso, o tenga comportamenti dilatori, il termine non inizia a decorrere finché l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura. Inoltre, la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione al concorrente non sarebbe surrogabile da altre forme di pubblicità legali, quali, in particolare, la pubblicazione del provvedimento all’albo pretorio della stazione appaltante. In ogni caso, anche indipendentemente dal formale inoltro della comunicazione, il termine decorre dal momento in cui il concorrente abbia acquisito “piena conoscenza” dell’aggiudicazione, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività, pur se non si accompagnata dall’acquisizione di tutti gli atti del procedimento.

Con riguardo al provvedimento di aggiudicazione di una procedura di gara, la necessaria percepibilità dei profili di lesività dell’atto si traduce nella circostanza che il concorrente deve aver acquisito piena contezza del nominativo dell’aggiudicatario e del carattere definitivo dell’aggiudicazione.

Nel caso di specie, la stazione appaltante non aveva proceduto ad effettuare la comunicazione del provvedimento di aggiudicazione e il Consiglio di Stato ha ritenuto non fosse possibile desumere la piena conoscenza dell’avvenuta aggiudicazione da un elemento indiziario, quale l’interruzione del rapporto di lavoro con gli autisti e la dismissione degli automezzi, cui la ricorrente, nella sua veste di gestore uscente, era stata costretta già da tempo. Non è stato ritenuto sufficiente nemmeno il riferimento effettuato in tale contesto dall’Amministrazione agli “atti relativi all’aggiudicazione”, che non avrebbe consentito al destinatario di sapere con certezza se l’aggiudicazione definitiva fosse stata adottata, né tanto meno il nominativo dell’aggiudicatario. Né si poteva ritenere che la ricorrente avesse l’onere di proporre l’istanza di accesso “al buio”, invertendo la sequenza che prevede prima la comunicazione dell’aggiudicazione e poi l’accesso agli atti della procedura.

Cons. Stato, Sez. V, 20/09/2019, n. 6251