Il divieto di offrire opere aggiuntive non si estende agli appalti di servizi

Il Consiglio di Stato torna sulla questione dell’applicabilità del divieto previsto dall’art. 95, co. 14-bis, del Codice dei contratti pubblici di attribuire punteggio all’“offerta di opere aggiuntive” agli appalti di servizi.

Una recente sentenza, infatti, ribadisce che alla luce del tenore letterale della norma (che, in effetti, fa riferimento ad “opere” aggiuntive e al progetto esecutivo), tale divieto è applicabile solo ai contratti di appalti pubblici di lavori. In questa occasione, però, il Consiglio di Stato ha avuto occasione anche di chiarire che il co. 14-bis non sarebbe applicabile agli appalti pubblici di servizi anche in ragione della sua ratio, che sarebbe quella di evitare che il progetto di opera predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice sia vanificato da offerte che abbiano ad oggetto lavori ulteriori. Infatti, a differenza degli appalti pubblici di servizi, quelli che hanno ad oggetto lavori si contraddistinguono per la determinazione delle opere da realizzare (definite nello stesso Codice dei contratti come il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica) sulla base del progetto predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, i servizi – in quanto prestazioni di fare – possono avere invece contenuto diversificato e, pertanto, prestazioni di carattere accessorio ed aggiuntivo, secondo valutazioni di carattere ampiamente discrezionale dell’amministrazione, potrebbero comunque contribuire a soddisfare gli interessi della stessa unitamente alle prestazioni di carattere principale.

Cons. Stato, Sez. V,  17/12/2019, n. 8534