Avvalimento “a cascata”: l’interpretazione restrittiva del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza della Sezione V, 2.3.218, n. 1295 , è intervenuto sull’istituto – di incerta definizione normativa – dell’avvalimento a cascata.

La peculiare fattispecie dalla quale è scaturita la decisione in parola (che ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado) è la seguente:

  • partecipa ad una gara un RTI con mandanti A e B e mandataria C;
  • la mandante A presta, quale ausiliaria, una quota di fatturato specifico, alla mandante B, ausiliata;
  • a sua volta, A, a quel punto carente – in parte – del fatturato specifico – sottoscrive con l’impresa D (esterna al RTI e non partecipante alla gara) un contratto di avvalimento, in base al quale quest’ultima, come ausiliaria, presta ad A la porzione di requisito venuta meno.

In primo grado, il TAR Lazio (sentenza n. 10345/2017) aveva ritenuto che l’operazione sopra descritta violasse il divieto di avvalimento a cascata di cui all’art. 89, co. 6, del Codice, a mente del quale “l’ausiliario non può avvalersi a sua volta di altro soggetto”.

Al contrario, il Consiglio di Stato ha ritenuto che per aversi avvalimento “a cascata” e, quindi, incorrere nel divieto in questione, occorre che ” la “interruzione del rapporto immediato e diretto tra ausiliaria e ausiliata”  con conseguente “’allungamento della catena dei subausiliari che costituisce il proprium dell’avvalimento “a cascata” e che ne giustifica il divieto”. Occorre, sotto altro punto di vista, che  venga meno “il dovuto rapporto diretto e immediato tra ausiliaria e ausiliata”, con pregiudizio, dunque, alla responsabilità solidale che l’art. 89 del Codice vuole garantito in favore della Stazione Appaltante.

Seguendo questa logica, il Consiglio di Stato ha così ritenuto l’operazione posta in essere – sopra schematizzata – non determini una ipotesi di avvalimento a cascata.

Per un approfondimento si rinvia al commento pubblicato su Italiappalti.