Autorizzazioni edilizie “fatti salvi i diritti dei terzi”: un principio che comincia a scricchiolare?

Le autorizzazioni edilizie, comprese quelle in sanatoria, vengono concesse con “salvezza di diritti dei terzi”: tale clausola significa sostanzialmente che il rilascio del titolo edilizio, e la sottostante dichiarazione di legittimità dell’opera, riguarda esclusivamente il richiedente e l’amministrazione, senza in alcun modo investire rapporti di natura privatistica con eventuali soggetti terzi.

Tale orientamento ha posto per anni l’amministrazione in una posizione “pilatesca”: nell’autorizzare un intervento, tutto ciò che atteneva ai rapporti con terzi e alle eventuali violazioni delle norme di diritto civile, esulava dalle sue competenze e dal suo controllo.

Per l’effetto, il rilascio del titolo edilizio non sanciva la legittimità dell’intervento anche rispetto ai  terzi, ma anzi non interferiva  minimamente nei loro rapporti: con tutte le ovvie conseguenze in termini di certezza circa la legittimità e la regolarità dell’intervento da eseguire. L’esperienza ci insegna come siano molteplici i giudizi riguardanti interventi che, pur legittimi sotto il profilo amministrativo, violano le norme di natura strettamente civilistica a danno di vicini e altri terzi.

Tale indirizzo ha cominciato negli anni a “scricchiolare”.

Questo, non solo per ragioni di certezza ed efficienza dell’azione amministrativa, ma anche in ragione del fatto che vi sono molteplici norme edilizie  direttamente connesse a rapporti di natura civilistica, le quali pertanto devono essere necessariamente esaminate e considerate dall’amministrazione.

A titolo meramente esemplificativo, l’art. 11 d.p.r. 380/2001, nello stabilire che “il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo” impone di fatto  all’amministrazione di procedere ad una verifica di natura civilistica sulla titolarità dell’immobile oggetto di intervento.

La giurisprudenza amministrativa, superando il precedente orientamento, si è spinta ad affermare  che “in sede di esame dell’istanza volta al rilascio di un titolo edilizio, l’amministrazione non deve verificare ogni aspetto civilistico che potrebbe venire in rilievo, ma deve vagliare esclusivamente i profili urbanistici ed edilizi connessi al titolo richiesto (Cons. Sato, sez. IV, 23.5.2016 n. 2116)

Un tale orientamento, ancor ben lontano dal superare quello precedente e consolidato, impone ora all’amministrazione nuovi controlli e nuove verifiche su aspetti che prima erano completamente trascurati e ignorati, richiedendo in tal senso  un esame dell’intervento anche sotto un profilo civilistico. Il che, indirettamente, espone i titoli edilizi a nuovi profili di illegittimità, direttamente collegati alla violazione di norme civilistiche, e non più limitati alle violazioni delle normative strettamente edilizie.