Sospensione appalto pubblico per esplosione ordigno bellico: forza maggiore o colpa della Committente?

Nell'ambito di un appalto pubblico per lavori di adeguamento di tratti autostradali, l'impresa esecutrice, lamentando un andamento anomalo dell'appalto, iscrive riserve nei documenti contabili di cui chiede il riconoscimento in giudizio. In particolare, l'impresa afferma che, a seguito dell'esplosione di un ordigno bellico, non ha potuto gestire in modo razionale e ottimale l'esecuzione dei lavori subendo danni da sospensione a suo avviso illegittima, giacché, a dire dell'impresa, le lungaggini e la sospensione causate dall'esplosione dell'ordigno bellico non rappresenterebbero una causa di forza maggiore ma sarebbero imputabili alla Committente.

Nel corso del giudizio viene espletata una CTU in seno alla quale il tecnico incaricato dal giudicante ha avuto modo di affermare che "lo scrivente comunque è del parere che la circostanza dell’esplosione di un ordigno bellico non possa ritenersi imputabile alla committente; in sede di consegna dei lavori l’ATI appaltatrice ha accertato lo stato dei luoghi, senza eccezione alcuna in merito alla valutazione dei rischi specifici relativi a quanto accaduto. Dagli atti non appaiono inoltre omissioni da parte della Stazione Appaltante riguardo tardive attivazioni di autorizzazione alla bonifica nonché ritardi nella riattivazione del cantiere".

In base alle conclusioni della CTU, condivise in toto dal Giudice, risulta accertato, come è dato leggere in sentenza, che nessun comportamento colpevole, omissivo o commissivo, è stato posto in essere dalla Committente con riguardo al fenomeno bellico in questione; l’esplosione dell’ordigno bellico deve, dunque, considerarsi fatto imprevisto e imprevedibile e in nessun modo può essere attribuito, nella sua valenza potenzialmente dannosa, a responsabilità della committenza; l’esplosione e le relative attività di bonifica rientrano nel novero delle cause di forza maggiore e/o comunque delle circostanze speciali che legittimano la sospensione dei lavori senza necessità di alcun compenso, indennizzo o risarcimento in favore dell’appaltatore, secondo quanto disposto dall’art. 24 del d.M. 145/2000 (applicabile all'appalto in questione ratione temporis).

Per concludere, il Giudice dedica poche righe alla presa d’atto dell’appaltatrice, in sede di consegna dei lavori, circa lo stato dei luoghi; afferma che la funzione delle dichiarazioni rese dall’impresa, tra cui quella di sopralluogo, è quella di “precludere all’appaltatore contestazioni basate sull’asserita mancata conoscenza dei luoghi e di ridurre al minimo le possibilità di modifiche contrattuali in sede di esecuzione, per cui l’onere posto a carico dell’impresa di visitare i luoghi dell’appalto prima di formulare la propria offerta è posto essenzialmente a garanzia dell’amministrazione" (Cons. St., Sez. V, 7 luglio 2005, n. 3729, TAR Campania, Salerno, Sez. I, 8 ottobre 2004, n. 1874).

Sulla funzione della visita dei luoghi e sulle responsabilità che ne derivano, vale la pena rilevare che si registrano diversi orientamenti sul punto.

Da un lato, c'è chi ritiene che la predetta visita costituisce una attestazione della presa di conoscenza: "A questo proposito viene in taglio anzitutto la giurisprudenza della Corte di Cassazione, sull’art. 1 del d.P.R. n. 1063 del 1962, che costituisce l'antecedente cronologico dell'art. 71 del D.P.R. 554/99, sul quale la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che la clausola contrattuale con la quale l'impresa dichiara di avere esaminato la situazione dei luoghi e di averne valutato i riflessi sull'esecuzione dell'opera, lungi dal costituire una mera clausola di stile, si traduce in un'attestazione della presa di conoscenza delle condizioni locali e di tutte le circostanze che possono influire sull'esecuzione dell'opera; essa, pertanto, pone a carico dell'appaltatore un preciso dovere cognitivo, cui corrisponde una altrettanto precisa responsabilità, determinando un allargamento del rischio, senza però comportare un'alterazione della struttura e della funzione del contratto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio (Cass. nn. 3932 del 2008; in senso sostanzialmente conforme v. Cass. n. 13734 del 2003 e 11469 del 1996). La dichiarazione di presa visione dei luoghi dà certezza dell’avvenuto accesso “in loco” e della conoscenza di quanto, pur nel corso di un semplice sopralluogo, può essere constatato, con riferimento alla valutabilità di tutte le circostanze nelle quali le opere devono essere eseguite" (Cons. St., Sez. V, 27 marzo 2012, n. 2819).

Da altro lato, chi ritiene che “la dichiarazione di presa visione dei luoghi non significa che l’Impresa debba sostituirsi alla Stazione appaltante nella predisposizione del progetto e deve ritenersi riferita allo stato generale dei luoghi, non essendo l’impresa tenuta a procurarsi una conoscenza dei luoghi ed una cognizione dell'appalto diverse e maggiori di quelle poste a base del Capitolato e dei disegni allegati (Lodo Roma 23 marzo 2001 in AGOP, 2002, L 13).

(Trib. Roma, Sez. XVII civ., 16/1/2020, n. 1007)


Appalti pubblici. Mancato versamento contributo ANAC soccorso istruttorio sì, ma quando

Appalto pubblico. Mancato versamento contributo ANAC: soccorso istruttorio sì, ma quando?

Appalti pubblici. Mancato versamento contributo ANAC soccorso istruttorio sì, ma quando

La stazione appaltante esclude da una gara di appalto pubblico un operatore economico poiché dall’esame della documentazione è risultato il mancato versamento del contributo ANAC "che costituisce condizione di ammissibilità dell’offerta, sottolineando che tale inadempimento costituiva difformità non sanabile rispetto alle specifiche normative tali da costituire causa di esclusione delle successive fasi di gara”. In conseguenza di tale provvedimento, l’impresa che ne era destinataria adiva il TAR, lamentando l’illegittimità dell’esclusione e invocando che sarebbe stato legittimo il soccorso istruttorio.

Nello specifico, eccepiva che:

- la S.A. avrebbe violato l’art. 83 commi 8 e 9 del Codice in materia di soccorso istruttorio, atteso che non solo risulterebbe in via documentale l’avvenuto pagamento del contributo, ma anche che la mancata presentazione della ricevuta del contributo ANAC non sarebbe prevista quale causa di esclusione;

- anche volendo ammettere l’obbligatorietà del versamento, tale onere – peraltro successivamente assolto - sarebbe previsto solo per l’affidamento di opere pubbliche e non di servizi come quello messo a bando;

- l’incerto quadro normativo derivante dall’emergenza sanitaria Covid-19 avrebbe determinato il sussistere di un ragionevole affidamento a che le S.A. non potessero più pretendere il pagamento del contributo ANAC ai fini dell’ammissione alla gara, in ragione del fatto che l’Autorità - delibera n. 289 dell’1/4/2020 - aveva chiesto ufficialmente al Governo di sospendere per tutto il 2020 il pagamento del contributo.

Il Collegio accoglie il ricorso, così annullando gli atti di gara come richiesto, e statuisce in particolare che:

1) la mancata presentazione della ricevuta del contributo ANAC non era stata contemplata quale causa di esclusione da nessuna disposizione del bando di gara; la tesi secondo cui il contributo ANAC sarebbe condizione di ammissibilità dell’offerta non è aderente ai principi di derivazione eurounitaria di trasparenza e parità di trattamento;

2) l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell'offerta appare comune una tipica espressione del brocardo “in claris non fit interpretatio”, con la conseguenza che il versamento di tale contributo è caratteristica delle gare di opere pubbliche, mentre nel caso in esame si tratta pacificamente dell’affidamento di servizi di architettura e di ingegneria;

Conclude il Collegio che il decorso dei fatti “possa aver oggettivamente ingenerato nella società ricorrente un obiettivo affidamento sulla sopravvenuta inefficacia dell’obbligo di pagamento del contributo, alla luce delle raccomandazioni operative dettate in tema dalla stessa autorità con delibera 1 aprile 2020 e…recepite sul piano dello ius positum dal D.L. n.34/2020, di guisa che la gravata esclusione dalla gara appare oggettivamente sproporzionata e inconciliabile con il principio del favor partecipationis e della tutela della concorrenza”

(TAR Calabria Reggio Calabria, 15/9/2020 n. 543)

 


Decreto Semplificazioni: esclusione automatica delle offerte negli appalti pubblici sotto soglia al prezzo più basso,

Decreto Semplificazioni: esclusione automatica delle offerte negli appalti pubblici sotto soglia al prezzo più basso, "ok il prezzo è giusto"?

Decreto Semplificazioni: esclusione automatica delle offerte negli appalti pubblici sotto soglia al prezzo più basso, "ok il prezzo è giusto"?Il Decreto Semplificazioni (convertito in L. 11/09/2020, n. 120) sembra prevedere una disciplina sostitutiva (e speciale) a tempo - fino al 31.12.2021 - anche in relazione agli appalti pubblici sotto soglia da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso: "Nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque" (Art. 1, comma 3, Decreto Semplificazioni).

Dobbiamo necessariamente fare un po' di chiarezza per comprendere la portata applicativa della norma.

  1. Si tratta di una disciplina a tempo (fino al 31 dicembre 2021);
  2. Si applica agli appalti pubblici sotto soglia (la previsione è contenuta infatti nell'art. 1 del Decreto Semplificazioni) da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso a prescindere dal carattere transfrontaliero;
  3. In caso le offerte ammesse siano in numero pari o superiore a 5, si procede all'esclusione automatica di quelle che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata a norma del Codice del 2016;
  4. Si procede all'esclusione automatica a prescindere dalla indicazione di una clausola ad hoc nella lex specialis di gara.

In tutti gli altri casi non disciplinati dalla previsione si farebbe comunque ricorso alla disciplina generale del Codice del 2016.

La disposizione presenta però (come al solito) delle criticità in relazione all'evidente mancato raccordo con la disciplina generale prevista dall'art. 97 del codice del 2016.

Ipotizzando di avere 6 offerte ammesse, sarebbe da applicare la norma generale (art. 97, comma 8 bis, Codice) o quella speciale  (Art. 1, comma 3, Decreto Semplificazioni)?

Si potrebbe agevolmente rispondere che prevale la disciplina speciale dell'esclusione automatica di cui al decreto Semplificazioni.

A voler essere iper critici però, personalmente avrei dei dubbi anche con riferimento al fatto che il Decreto Semplificazioni preveda una disciplina sostitutiva che opera in deroga al Codice 2016, uno spunto interessante che può far presumere che invece si tratti di una disciplina applicabile in soli determinati casi e procedure viene dall'incipit dell'art. 1 (lo stesso dicasi per l'art. 2): "Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19 (...)".

Perché specificare le indicate finalità? Il Legislatore voleva forse circoscrivere l'applicazione delle norme a determinate procedure? Si tratta naturalmente di una provocazione e al contempo di uno spunto di riflessione.

Al riguardo non posso che essere d'accordo con quanto dice la mia collega Aurora Donato "le norme inutili non sono mai innocue". Difatti questo incipit sembrerebbe alquanto inutile laddove le norme previste dal Semplificazioni costituissero una disciplina sostitutiva di quella generale di cui al Codice del 2016 ma tant'è.

Eppure non possiamo escludere che l'operatore che si vede escludere automaticamente la propria offerta in base al decreto Semplificazioni non impugni il provvedimento di esclusione facendo leva sulla disciplina generale.

Per concludere, vorrei ripercorrere l'evoluzione dell'istituto dell'esclusione automatica di cui all'art. 97, comma 8, del Codice del 2016.

Art. 97, comma 8, d.lgs. 50/2016 (post correttivo e ante Decreto Sblocca Cantieri):

"Per  lavori,  servizi  e  forniture,  quando  il  criterio   diaggiudicazione e' quello del prezzo piu' basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all'articolo 35, la stazione  appaltante puo' prevedere nel bando l'esclusione  automatica  dalla  gara  delle offerte che presentano una percentuale di ribasso  pari  o  superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi del comma 2. In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque la facolta' di esclusione automatica non e' esercitabile quando il numero delle offerte ammesse e' inferiore a dieci".

Art. 97, comma 8, d.lgs. 50/2016 (post Decreto Sblocca Cantieri):

"Per  lavori,  servizi  e  forniture,  quando  il  criterio   di aggiudicazione e' quello del prezzo piu' basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all'articolo 35, e che non  presentano carattere transfrontaliero,  la  stazione  appaltante  prevede bando l'esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia  di  anomalia individuata ai sensi del comma 2 e dei commi 2-bis  e  2-ter. In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque  l'esclusione automatica non opera  quando  il  numero  delle  offerte  ammesse  e' inferiore a dieci".

Ora, stando alla tesi sulla disciplina sostitutiva e speciale del Decreto Semplificazioni, l'art. 1, comma 3, del predetto decreto sarebbe applicabile in luogo dell'art. 97, comma 8, post Sblocca Cantieri (alle condizioni viste sopra).

 


Decreto Semplificazioni: il ritardo nell'aggiudicazione imputabile all'operatore economico, nuova causa di esclusione dall'appalto pubblico?

Decreto Semplificazioni: il ritardo nell'aggiudicazione imputabile all'operatore economico, nuova causa di esclusione dall'appalto pubblico?

Decreto Semplificazioni: il ritardo nell'aggiudicazione imputabile all'operatore economico, nuova causa di esclusione dall'appalto pubblico?Il Decreto Semplificazioni (convertito in L. 11/09/2020, n. 120) sembra prevedere in seno all'appalto pubblico (contratti sotto soglia ma anche sopra soglia, con differenti termini che si esamineranno più avanti), con una formulazione al solito tutt'altro che felice, una nuova causa di esclusione dalla procedura allorquando il mancato rispetto del termine indicato per addivenire all'aggiudicazione o alla individuazione definitiva del contraente sia imputabile all’operatore economico.

Il riferimento, per ciò che concerne i contratti sotto soglia, è dato dall'art. 1, comma 1, del Decreto Semplificazioni: "Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, in deroga agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante Codice dei contratti pubblici, si applicano le procedure di affidamento di cui ai commi 2, 3 e 4, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre 2021 (ndr termine modificato in sede di conversione, il decreto prevedeva inizialmente il 31 luglio 2021).

In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento, aumentati a quattro mesi nei casi di cui al comma 2, lettera b). Il mancato rispetto dei termini di cui al secondo periodo, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto".

In relazione ai contratti sopra soglia, l'articolo di riferimento è l'art. 2, comma 1, del Decreto Semplificazioni: "Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, si applicano le procedure di affidamento e la disciplina dell’esecuzione del contratto di cui al presente articolo qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre 2021 (ndr termine modificato in sede di conversione, il decreto prevedeva inizialmente il 31 luglio 2021).

In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di sei mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento. Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto".

Già all'indomani della pubblicazione del Decreto Semplificazioni, l'attenzione si è concentrata sulla responsabilità per danno erariale cui pure fanno riferimento le disposizioni menzionate, mentre l'inciso relativo alla nuova causa di esclusione che sembra venire a configurarsi in capo agli operatori sembra essere passato inosservato.

Quanto sopra merita invece una riflessione giacché il dato letterale della norma non esprime con chiarezza a quali circostanze faccia riferimento il Legislatore quando parla di mancato rispetto del termine per addivenire all'aggiudicazione imputabile all'operatore economico.

Si potrebbe configurare ad esempio un comportamento "ostruzionistico" del concorrente quando legittimamente propone alla stazione appaltante una richiesta di chiarimenti che di fatto pone la SA nella condizione di impiegare del tempo nel fornire i chiarimenti (tempo che potrebbe rendere necessaria una proroga del termine per la presentazione delle offerte con la impossibilità di rispettare i due/quattro/sei mesi previsti dal Legislatore)?

E se così fosse, è lecito chiedersi se tale comportamento "ostruzionistico" possa essere qualificato ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice secondo cui la stazione appaltante esclude dalla procedura l'operatore economico se dimostri con mezzi adeguati che l'operatore si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.

E se così (ancora) fosse, è chiaro che tale illecito professionale potrebbe incidere sulla partecipazione alle future gare alle quali l'operatore intende partecipare.

La formulazione della norma del Decreto Semplificazioni oggetto del presente contributo non è chiara e lascia spazio a dubbi di natura interpretativa; se l'intenzione del Legislatore del Decreto Semplificazioni -  come ampiamente evidenziato - è quello di rendere più celere la stipulazione - e l'esecuzione - dei contratti pubblici, una norma del genere potrebbe invero rallentare ulteriormente le procedure: si può infatti agevolmente ipotizzare che, dinanzi a una esclusione disposta ai sensi dell'art. 1, comma 1 (o art. 2, comma 1) del Decreto Semplificazioni, l'operatore azioni un ricorso innanzi al TAR competente con buona pace dell'obiettivo (pure condivisibile) di deflazione del contenzioso che il Legislatore sembra perseguire.


Requisito di punta nell’appalto pubblico: no all’avvalimento plurimo o frazionato”

Requisito di punta nell’appalto pubblico: no all’avvalimento plurimo o frazionato.

Requisiti di punta nell’appalto pubblico: no all’avvalimento plurimo o frazionato”I giudici di Palazzo Spada sono chiamati a pronunciarsi sulla possibilità di ricorrere, in un appalto pubblico caratterizzato dalla richiesta del cd “requisito di punta”, all’avvalimento plurimo e/o frazionato.

In sede di giudizio di primo grado, la ricorrente lamentava l’illegittimità dell’intervenuta aggiudicazione atteso che, in spregio al disciplinare di gara il quale imponeva ai concorrenti l’obbligo di possedere nell’ultimo triennio un unico contratto di punta per un importo non inferiore a quello indicato a base d’asta, l’aggiudicataria non rispettava il criterio indicato dalla lex specialis e si avvaleva del supporto di un’impresa che non era in possesso per intero del requisito indicato.

In particolare, il disciplinare di gara prevedeva che il concorrente avrebbe dovuto possedere, quale requisito di partecipazione, nel triennio, un unico contratto cd “di punta”, per un importo non inferiore a quello a base d’asta, pari ad € 4.637.883,18.

La società aggiudicataria, secondo la ricorrente, sarebbe sprovvista di codesto requisito avendo dichiarato di aver eseguito un solo contratto analogo per l’importo di € 2.235.883,13.

La stessa, pertanto, per partecipare alla gara avrebbe dovuto, necessariamente, costituire un’ATI con un operatore economico in possesso del requisito ovvero fare ricorso all’avvalimento di un’impresa ausiliaria in possesso per intero del citato requisito.

Al contrario la società aggiudicataria si è avvalsa di un’impresa ausiliaria che non possiede per intero il citato requisito avendo dichiarato di aver eseguito un contratto analogo dell’importo di € 3.177.474,00, di gran lunga inferiore all’importo posto a base d’asta.

Il Collegio accoglieva il ricorso richiamando, in primis, il disciplinare di gara a mente del quale il concorrente avrebbe dovuto dimostrare “a pena di esclusione, di aver eseguito nell’ultimo triennio (2015-2016-2017) un unico lavoro e/o un unico servizio di manutenzione (edile e/o impiantistico) esclusivamente in ambito sanitario (pubblico ovvero privato) per l’importo non inferiore a quello posto a base di gara. All’uopo, il concorrente dovrà produrre certificazione/attestazione rilasciata dai committenti”.

Ciò premesso, il Tribunale evidenziava che “l'avvalimento plurimo o frazionato non può essere consentito con riferimento al cd. requisito di punta, che deve essere necessariamente soddisfatto da una singola impresa, in quanto è espressione di una qualifica funzionale non frazionabile, perché attesta una esperienza qualificata nell'ambito dello specifico servizio oggetto della gara; il requisito di punta, in altri termini, proprio perché caratterizzante la qualità dell'impresa stessa, non può essere oggetto di frazionamento tra più soggetti, ma deve necessariamente essere posseduto in capo ad una singola impresa” (così TAR Campania Napoli, Sez. I, 7/2/2020, n. 603).

In sede di gravame, l’appellante – che si era classificata prima - evidenziava da un lato di aver soddisfatto il requisito prescritto e dall’altro come la questione sulla ammissibilità o meno dell’avvalimento frazionato per il requisito di punta era stata dibattuta dalla S.A. la quale aveva pubblicato apposito vademecum mediante il quale forniva indirizzi non marginali e certamente aperti al favor partecipationis.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, rigettava l’appello, in particolare evidenziando come fosse “un dato acquisito che l’avvalimento plurimo o frazionato non può essere consentito con riferimento ai c.d. requisiti di punta. Il requisito del contratto di punta, invero, deve essere necessariamente soddisfatto da una singola impresa, in quanto è espressione di una qualifica funzionale non frazionabile.”

Nello stesso senso, si collocano i pareri precontenzioso ANAC, n. 107 del 21 maggio 2014 e n. 156 del 23 settembre 2015, che hanno affermato il seguente principio di diritto che il Collegio condivide: “il requisito di cui all'articolo 263 comma 1, lettera c), concernente i c.d. servizi di punta, non è frazionabile in caso di raggruppamento temporaneo di professionisti e, pertanto, ognuno dei due servizi di punta richiesti per ciascuna classe e categoria dovrà esser stato svolto interamente da uno dei soggetti del raggruppamento. È sufficiente che tale requisito sia posseduto per intero da un singolo componente del raggruppamento”.

Conclude il Collegio che “Il requisito di punta, in altri termini, proprio perché caratterizzante la qualità dell’impresa stessa, non può essere oggetto di frazionamento tra più soggetti, ma deve necessariamente essere posseduto in capo ad una singola impresa.

(Cons. St., Sez. III, 24/8/2020, n. 5186)


Anticipazione del prezzo fino al 30% nell'appalto pubblico: chiarimenti MIT sul decreto Rilancio.

Anticipazione del prezzo fino al 30% nell'appalto pubblico: chiarimenti MIT sul decreto Rilancio.

L’anticipazione del prezzo fino al 30% negli appalti pubblici: tra decreto Rilancio e Cura Italia Sull’anticipazione del prezzo, a certe condizioni, fino al 30% nell'appalto pubblico prevista dal decreto Rilancio (d.l. 19 maggio 2020, n. 34 conv. in legge 17 luglio 2020, n. 77), il MIT interviene con chiarimenti. Avevamo già parlato della novità del'anticipazione del prezzo fino al 30% in questo articolo e delle criticità della modifica operata.

Criticità che tuttavia sembrano persistere nonostante i chiarimenti del MIT che, con nota del 11.8.2020, ha cercato di fornire alcuni spunti in ordine all’interpretazione della norma.

L’art. 207, comma 1, del decreto Rilancio, prevede che dalla data di pubblicazione del provvedimento e fino al 30 giugno 2021 – a talune condizioni - l’importo da anticipare all’appaltatore - di cui all'art. 35, comma 18, d.lgs. 50/2016, può essere elevato al 30% calcolato sul valore del contratto di appalto, tenendo conto delle risorse disponibili della stazione appaltante.

La percentuale dell'anticipazione, come indicato dalla norma codicistica, da versarsi entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prestazione, viene calcolata sul valore del contratto di appalto.

Il MIT interviene sull'ambito di applicazione della norma e chiarisce come, mentre, con il primo comma dell'art. 207 si fa espresso riferimento all’anticipazione disciplinata dal comma 18 dell'art. 35, precisando che la facoltà introdotta si applica, in via transitoria, sia alle procedure avviate con pubblicazione di bando o avviso ovvero per le quali siano stati trasmessi gli inviti a presentare offerta, qualora non siano scaduti i relativi termini, che a quelle che saranno indette a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge e fino al 30 giugno 2021, il comma successivo estende la previsione anche “al di fuori dei casi previsti dal comma 1”.

Con quest’ultima locuzione, l’ambito di applicazione della misura temporanea deve intendersi esteso non solo alle ulteriori procedure “disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, non rientranti nella previsione del comma 1, ma più generalmente a tutti i contratti in corso di esecuzione, anche stipulati all’esito di procedura selettiva svolta sulla base di normativa anteriore o comunque diversa da quella del codice, indipendentemente dal fatto che gli appaltatori abbiano o meno già percepito una anticipazione sulla base di disposizioni di legge (es. art. 26-ter del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha introdotto l'anticipazione per i contratti disciplinati dal previgente codice dei contratti pubblici d.lgs. 163/2006) ovvero di specifiche pattuizioni contrattuali.

Tanto è coerente con la finalità perseguita dal legislatore di riconoscere liquidità alle imprese appaltatrici al fine di attenuare le difficoltà economiche determinate dall’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19.

Inoltre, la norma è applicabile, ad avviso del MIT, in via generale anche agli appalti di importo inferiore alle soglie comunitarie e a quelli indetti nei settori speciali.

Ciò in quanto, come ha avuto modo di affermare anche l’ANAC, al di là dell’infelice inserimento della previsione di cui al comma 18 nell’articolo dedicato all’individuazione delle soglie di rilevanza comunitaria, la portata generale dell’obbligo risponde alla ratio che sorregge il principio di anticipazione delle somme erogate dall’amministrazione al fine di dare impulso all’iniziativa imprenditoriale, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto. Non avrebbe quindi senso precludere tale facoltà di accesso all’anticipazione per affidamenti di importo inferiore che spesso vedono protagoniste imprese di dimensioni medio piccole e maggiormente tutelate dal legislatore (ANAC, delibera n. 1050 del 14/11/2018).

Lo stesso dicasi per i settori speciali, giacché l’articolo 35 del codice è interamente a questi applicabile giusta il richiamo contenuto nell’art. 114, comma 1, codice.

Restano aperte le questioni relative alla modifica apportata all'anticipazione del prezzo da parte dell’art. 91, comma 2, del decreto Cura Italia che ha previsto la possibilità di farvi ricorso anche nel caso di consegna in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 32, comma 8, del presente codice”. La modifica operata sembra però essere stata disposta senza tenere in considerazione la disciplina dell’istituto di cui all’art. 35, comma 18, del codice, che subordina l’anticipazione del prezzo alla sottoscrizione del contratto.

L’anticipazione del prezzo, infatti, viene calcolata sul valore del contratto (art. 35, comma 18, codice: “sul valore del contratto di appalto viene calcolato l'importo dell'anticipazione del prezzo”) e si decade dal beneficio, con obbligo di restituzione, qualora l’esecuzione non avvenga secondo la tempistica indicata in contratto.

Laddove il versamento dell’anticipazione non sia seguita dalla regolare stipula del contratto, alla richiesta di restituzione dell’anticipazione ben si potrebbe opporre l’inesistenza del contratto visto che l’obbligo di restituzione presuppone che “l’esecuzione della prestazione non procede, per ritardi imputabili (all’appaltatore), secondo i tempi contrattuali”.

 


Attestazione SOA per dimostrare il possesso dei requisiti serve altro

Attestazione SOA per dimostrare il possesso dei requisiti nell'appalto pubblico: serve altro?

Attestazione SOA per dimostrare il possesso dei requisiti serve altroLa pronuncia in commento si interroga circa la legittimità della decisione con cui la S.A. richiede ai soggetti partecipanti ad una procedura di gara di appalto pubblico la produzione di certificazioni ulteriori rispetto alla attestazione SOA ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti nel bando.

A seguito dell’esclusione della aggiudicataria provvisoria dell’appalto per cui è causa – disposta per il fatto che l’impresa aveva prodotto documentazione non idonea alla dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti dalla lex specialis di gara – l’esclusa adiva il Tribunale Amministrativo lamentando l’illegittimità dell’esclusione medesima.

In particolare, essa lamenta la nullità del bando di gara nella parte in cui richiedeva requisiti di partecipazione ulteriori rispetto all’attestazione SOA: tale richiesta, ad opinione della ricorrente, contrasta sia con l’art. 60 del DPR 207/2010 sia con l’art.83 c.9 Codice.

Le norme citate, infatti, statuiscono che l’attestazione di qualificazione SOA sia elemento necessario e sufficiente a provare il possesso dei requisiti di partecipazione alle procedure di gara, con la conseguenza che non è consentito alle S.A. richiedere ai concorrenti di dimostrare il possesso dei requisiti de quibus con modalità differenti ed ulteriori.

Il Tribunale adito accoglie il ricorso.

Evidenzia infatti il Collegio che la lex specialis di gara richiede, a torto, il possesso di un requisito di capacità tecnica e professionale ulteriore rispetto alla certificazione SOA, certificato che “ha carattere di obbligatorietà e unicità ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione alle procedure di gara aventi ad oggetto lavori”.

Poiché, dunque, il sistema di qualificazione è configurato come unico, obbligatorio e vincolante per ogni soggetto coinvolto in una procedura come quella in esame – sia che si tratti di S.A. o di soggetto partecipante – risulta evidente che non sarà consentito alla S.A. chiedere requisiti ulteriori di partecipazione tanto nell’ambito dei requisiti economici di cui all’art.83 c.1 lett. b), quanto nell’ambito dei requisiti di natura tecnica di cui all’art.83 c.1 lett. c).

Unica eccezione è quella contenuta nell’art.84 c.7 Codice a mente del quale “Per gli appalti di lavori di importo pari o superiore ai 20 milioni di euro, oltre alla presentazione dell'attestazione dei requisiti di qualificazione di cui all'articolo 83, la stazione appaltante può richiedere requisiti aggiuntivi finalizzati: a) alla verifica della capacità economico-finanziaria … b) alla verifica della capacità professionale per gli appalti per i quali viene richiesta la classifica illimitata. In tal caso il concorrente fornisce evidenza di aver eseguito lavori per entità e tipologia compresi nella categoria individuata come prevalente a quelli posti in appalto opportunamente certificati dalle rispettive stazioni appaltanti, tramite presentazione del certificato di esecuzione lavori; tale requisito si applica solo agli appalti di lavori di importo superiore a 100 milioni di euro”.

È pertanto pacifico che, solo ed esclusivamente nei casi espressamente indicati dalla legge, sarà consentito alle S.A. richiedere certificazioni e qualificazioni ulteriori rispetto a quelle derivanti dalle attestazioni SOA per le categorie e classifiche corrispondenti ai lavori che dovranno essere eseguiti.

In tutti gli altri casi, conclude il Collegio, “il possesso dell'attestazione SOA per le categorie e le classifiche corrispondenti ai lavori da eseguire è condizione necessaria e sufficiente per la partecipazione alla relativa procedura, senza che sia possibile alla stazione appaltante individuare ulteriori requisiti di partecipazione e al concorrente dimostrare altrimenti il possesso dei requisiti, salvi i casi espressamente previsti dalla legge.”

(TAR Campania Salerno, Sez. I, 17/8/2020 n. 1025)


Decreto semplificazioni: esclusione per irregolarità contirbutive non definitivamente accertate. La

Decreto semplificazioni: esclusione per irregolarità contributive non definitivamente accertate negli appalti pubblici.

Decreto semplificazioni: esclusione per irregolarità contirbutive non definitivamente accertate. La "tarantella" dell'art. 80, comma 4.Con il decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, cd. decreto Semplificazioni, il legislatore interviene (nuovamente) sull'art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016 nel senso che un operatore può essere escluso da una gara (appalti pubblici) se la stazione appaltante é a conoscenza e puo' adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione.

La disposizione non è nuova, lo stesso decreto legge n. 32/2019, cd. Sblocca cantieri, aveva previsto identica modifica che, in sede di conversione, non è stata però confermata (ne avevo parlato qui).

La modifica, sempre che stavolta venga confermata in sede di conversione, sembra voler adempiere all'"ingiunzione" della Commissione UE che, con lettera di messa in mora – Infrazione n. 2018/2273 - aveva evidenziato come: "l’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/2016 non è conforme alle suddette disposizioni della direttiva 2014/23/UE e della direttiva 2014/24/UE in quanto non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore".

Nel dettaglio, il risultato delle modifiche apportate alla disposizione in argomento dall'art. 8 del decreto Semplificazioni (in grassetto quelle aggiunte):

4. Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), di cui al all’articolo 8 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 1° giugno 2015, ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale. Il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l’impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande. Un operatore economico puo' essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se la stazione appaltante e' a conoscenza e puo' adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non  definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo. Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali
interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purche' l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla
scadenza del termine per la presentazione delle domande.

Le irregolarità fiscali o contributive NON definitive

Come noto, il nostro codice dei contratti pubblici prevedeva già (e prevede ancora) l’esclusione dalla gara per violazioni – fiscali e contributive – gravi e definitivamente accertate.

Fino all’entrata in vigore del decreto Semplificazioni, dunque, secondo il nostro codice, per poter escludere un operatore, le violazioni in ambito fiscale e contributivo dovevano essere accertate in maniera definitiva.

Oggi, però, con la modifica/aggiunta ad opera del decreto Semplificazioni, le violazioni in questione  potranno portare all’esclusione dalla gara anche quando non definitivamente accertate: indi, a titolo esemplificativo, in tutti i casi in cui l’operatore abbia impugnato l’atto impositivo ma non è stata ancora pubblicata una sentenza.

Rispetto al passato, la discrezionalità delle SA viene estesa ulteriormente giacché l’impresa potrà essere esclusa se l’Amministrazione “è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati”.

Il concetto di gravità della violazione

Nel comma 4, come ipotizzato dallo Sblocca cantieri nel 2019 ma non confermato in sede di conversione,  il concetto di gravità della violazione al quale fare riferimento non sembrava trovare conferma; la modifica infatti non parlava di violazioni gravi e non definitivamente accertate ma solo di violazioni non definitivamente accertate.

Il comma 4 fa riferimento oggi a "violazioni gravi" anche nell'ultimo periodo.

Il tetto al quale fare riferimento per definire se una violazione possa dirsi grave è dato dal d.P.R. 602/1973, oggetto di circolare 13/2018 della Ragioneria di Stato, secondo cui il limite al di sopra del quale i cattivi pagatori rischiano sanzioni è di € 5.000,00 (limite che fino a marzo 2018 era di € 10.000,00).