FAQ ricalcolo buoni postali

FAQ Ricalcolo buoni postali

I soggetti che siano in possesso di buoni fruttiferi postali emessi da Poste Italiane, appartenenti alle serie Q, R, S, emessi tra il 1986 e il 1997, e quelli della serie AF, CE, AA1, AA2, AA3, emessi nei primi anni 2000, e che riportino sul buono due distinti timbri, uno nella parte anteriore e uno in quella posteriore, hanno diritto, attraverso il ricalcolo, al rimborso secondo i tassi d’interesse da applicare dal ventunesimo al trentesimo anno come quelli riportati sul retro dei buoni, secondo l’originario e più favorevole regolamento pattizio (clicca qui per saperne di più).

Per rendere più semplice la comprensione della campagna legale, abbiamo predisposto le FAQ (risposte alle domande più frequenti).

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  • Per quali buoni si può richiedere il rimborso/ricalcolo?

Buoni della serie Q, R, S, in taluni casi O, emessi tra il 1986 e il 1997, nonché della serie AF, CE, AA1, AA2, AA3 emessi nei primi anni 2000.

  • I buoni fruttiferi postali possono cadere in prescrizione?

I buoni fruttiferi postali rappresentati da documenti cartacei nominativi si prescrivono a favore dell’Emittente trascorsi 10 anni dalla scadenza del titolo. La prescrizione del titolo fa decadere il diritto al rimborso sia del capitale investito che degli interessi maturati.

Si tenga presente che, in base alla normativa sui depositi dormienti, trascorsi 10 anni dalla data di scadenza, l’importo dovuto ai beneficiari dei buoni fruttiferi postali emessi dopo il 14 aprile 2001 è versato al Fondo istituito presso il MEF (L. 27 ottobre 2008, n. 166). 

  • Se ho già incassato un buono fruttifero postale, sono ancora in tempo per verificare se ho diritto al rimborso/ricalcolo?

Si certo si è ancora in tempo per contestare i maggiori rendimenti a Poste. Il termine di prescrizione è di 10 anni dalla data in cui il buono è stato incassato. Ovviamente è necessario visionare la copia fronte/retro del buono per comprendere se la somma che le è stata liquidata è corretta. 

  • Se ho incassato un buono negli anni scorsi ma non ho conservato nulla, come posso richiedere la copia del buono?

Se non si è conservato la copia del buono l’importante è aver segnato alcuni dati quali: il numero del buono, l’anno di emissione e l’importo. In questo modo può recarsi all’ufficio postale e richiedere copia dei buoni. Allo sportello le faranno compilare il Modulo denominato “Richiesta copia di estratto conto deposito titoli, titoli emessi/pagati e disposizioni di movimentazione rapporti” che consente di avere la copia dei titoli postali che sono stati pagati al beneficiario o agli intestatari/cointestatari. Il costo per il servizio è di 10 euro per fotocopia.

  •  Se ho smarrito un buono fruttifero postale è possibile richiederne il duplicato?

Si è possibile richiedere il duplicato di buoni fruttiferi postali smarriti/sottratti/distrutti previo espletamento della procedura di ammortamento. La duplicazione può essere richiesta presso qualunque ufficio postale mediante compilazione e sottoscrizione della denuncia di perdita (Mod. W136355) sulla quale devono essere indicati gli estremi necessari per l’identificazione del buono e, sommariamente, le circostanze dell’evento nonché, in caso di smarrimento/sottrazione, gli estremi della denuncia presentata agli Organi di Pubblica Sicurezza.

La richiesta deve essere fatta dall’intestatario o da un suo procuratore (da tutti gli intestatari in caso di buoni cointestati con o senza la clausola “pari facoltà di rimborso”), nel caso di un intestatario minore di età dai genitori in qualità di esercenti la patria potestà, da tutti gli eredi in caso di titoli caduti in successione. Secondo la normativa vigente, l’ufficio postale provvede a affiggere nei propri locali aperti al pubblico un “avviso/diffida” per 30 giorni consecutivi nel caso di buoni dal valore nominale inferiore a 516,46 euro (1.000.000 di lire) o 90 giorni consecutivi nel caso di buoni dal valore nominale uguale o superiore a 516,46 euro (1.000.000 di lire). Trascorso tale periodo è possibile il rilascio del duplicato. La duplicazione del buono cartaceo comporta il pagamento di 1,55 euro indipendentemente dal valore nominale dello stesso.

  • Per la liquidazione del buono Poste mi chiede di firmare un modulo “a conferma e benestare del rimborso”, se lo firmo rinuncio alla possibilità da fare delle contestazioni sulla somma che mi hanno dato e chiedere il rimborso/ricalcolo?

Nonostante la sottoscrizione del benestare, vi è la possibilità di effettuare comunque delle contestazioni sulla somma liquidata se non ritenuta corretta. Non si tratta di una dichiarazione liberatorianei confronti di Poste, perché chi la sottoscrive: a) non ha piena consapevolezza della somma a cui rinuncia; b) non esprime alcuna volontà di rinunciare all’esercizio di un diritto ma, al contrario, si limita a dare atto del pagamento ricevuto.

  • Mi sono rivolto ad un’associazione di consumatori ma la richiesta è stata respinta. Cosa posso fare adesso?

Dovrebbe richiedere informazioni direttamente all’associazione a cui si è rivolta. Purtroppo se la domanda è stata respinta si può valutare la proposizione dell’appello (se si era in precedenza rivolta al Tribunale o al Giudice di Pace) oppure ricorrere in Tribunale (se in precedenza si era rivolta all’ABF).

  • Da cosa dipende l’importo del rimborso?

Da vari fattori quali il capitale investito, la serie del buono, dal momento in cui si è ritirato il capitale, dai tassi indicati sui timbri.

  • La cifra riscossa è soggetta a ritenute e imposte?

Si. Ci sono ritenute fiscali per i buoni emessi dal 21 settembre 1986. Vi sono imposte di bollo per ogni anno, introdotte nel 2012, (valida solo per i buoni con un valore di rimborso di oltre 5.000,00 €). Inoltre il DM 13/06/1986 per tutti i buoni emessi dopo il 13 giugno 1986 ha esteso i tassi di interessi meno favorevoli delle serie precedenti.

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Decreto Semplificazioni ed esclusione automatica delle offerte anomale: primi spunti di riflessione

Decreto Semplificazioni ed esclusione automatica delle offerte anomale: primi spunti di riflessione

Decreto Semplificazioni ed esclusione automatica delle offerte anomale: primi spunti di riflessioneAll’indomani della pubblicazione del d.l. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni), ha destato molta perplessità la previsione sull’esclusione automatica delle offerte anomale nelle gare sotto soglia da aggiudicarsi al prezzo più basso di cui all’art. 1, comma 3, del predetto decreto.

In questo articolo avevamo cercato di fare chiarezza evidenziando come, a differenza di quanto previsto dalla norma generale, art. 97, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, l’istituto in questione si applica anche a prescindere dalla previsione di una clausola ad hoc nella lex specialis.

Visto il quadro normativo emergenziale molto complesso si è auspicato da più parti l’intervento della giurisprudenza per far luce su aspetti come quello oggetto del presente articolo.

È di ieri la pronuncia del TAR Piemonte che interviene sulla questione.

La vicenda che occupa – riguardante l’esclusione di una offerta ritenuta anomala – ha origine da una procedura di gara negoziata, cui si accedeva attraverso lettere d’invito, con la quale la stazione appaltante intendeva aggiudicare il servizio di conduzione e manutenzione, nonché l’assunzione del ruolo di terzo responsabile degli impianti di riscaldamento di un comune.

Tale procedura negoziata – da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo – veniva aggiudicata all’impresa che offriva un ribasso percentuale del 18,36% - laddove l’impresa che presentava l’offerta recante il maggior ribasso veniva esclusa senza avere possibilità di giustificare la sostenibilità dell’offerta formulata.

Avverso tale esclusione nonché contro tutti gli atti ad essa connessi e consequenziali, ivi inclusa l’eventuale stipula del contratto, l’impresa esclusa si rivolge al TAR davanti al quale censura, per quanto qui di interesse, la decisione della stazione appaltante di disporre l’esclusione automatica dell’offerta ritenuta anomala in ossequio a quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, del Decreto Semplificazioni.

Per offrire una risposta quanto più compiuta possibile alla censura così formulata, il Collegio ritiene opportuna una ricostruzione del “convulso quadro normativo e dei fatti che caratterizzano la gara controversa”.

Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto in questione – disposizione intorno a cui ruota l’intera vicenda – prevede, nello specifico, che, ove venga adottato il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, le stazioni appaltanti escludono in via automatica tutte le offerte recanti un ribasso percentuale pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97 commi 2, 2bis e 2ter Codice – ciò nel caso in cui il numero delle offerte pervenute sia pari o superiore a cinque.

Il citato articolo 1, comma 3, derogando a quanto previsto dal d.lgs. 50/2016, si applica – ex articolo 1, comma 1, del Decreto Semplificazioni – nel caso in cui la determina a contrarre o atto di avvio del procedimento ad essa equivalente venga pubblicato entro il 31.12.2021.

La deroga è giustificata dal fatto che il legislatore - ritenendo l’efficacia della spesa pubblica una forma di volano dell’economia in un periodo caratterizzato da crisi economica - ha introdotto una disciplina emergenziale con la quale si privilegiano gare di appalto pubbliche più snelle e una gestione meccanica di alcuni passaggi delle stesse.

Ad avviso del Collegio, a differenza di quanto sostenuto nell’atto introduttivo del giudizio, il ricorso alla disciplina emergenziale non è correlato – come vorrebbe far credere l’impresa esclusa – all’emergenza sanitaria causata dalla pandemia in corso, ma è connesso all’emergenza economica conseguenza dell’emergenza sanitaria medesima.

Dall’esame degli atti di gara risulta, a parere del Collegio, pacifico che:

- la stazione appaltante - nella gara che occupa, in cui sono state invitate e hanno presentato offerta cinque imprese – ha applicato il meccanismo derogatorio di cui all’articolo 1, comma 3, del Decreto Semplificazioni;

- dalla lettera di invito non si evince il ricorso al meccanismo di esclusione automatica, dacché detto documento prevede che “Ai sensi dell’art. 97 comma 3bis ove il numero delle offerte ammesse sia pari o superiori a cinque. co. 2, 2bis, 2 ter del D.Lgs 50/2016, 3bis. Non sarà effettuato il calcolo della soglia di anomalia”. Tale frase, palesemente priva di senso, non permette di determinare la disciplina applicabile alla gara in questione;

- dal semplice esame della normativa di gara, è possibile però comprendere che la procedura stessa intende porsi nell’alveo della disciplina derogatoria di cui al d.l. 76/2020 – come evidenziato dal fatto che la stazione appaltante ha invitato cinque operatori, facendo così scattare le condizioni per l’esclusione automatica prevista dall’articolo 1, comma 3, del decreto medesimo.

Tanto chiarito, il TAR afferma che:

  1. atteso che la procedura contestata non poteva che essere una procedura negoziata in deroga – articolo 1, comma 1, Decreto Semplificazioni - dal tenore letterale del successivo comma 3 emerge come la stazione appaltante non abbia altra scelta se non disporre in via automatica l’esclusione dell’offerta anomala;
  2. non trova seguito l’assunto, formulato dal ricorrente, per cui la sanzione dell’esclusione automatica debba trovare indicazione nella lex specialis di gara, in ragione del fatto che una simile soluzione sarebbe in conflitto con l’obiettivo di celerità che la citata disposizione del decreto-legge si propone (ndr. difatti l’art. 1, comma 3, del Decreto Semplificazioni non fa menzione della previsione da inserire nella lex specialis) – atteso che ciò inserirebbe una previsione di carattere facoltativo con obbligo di motivazione circa la scelta effettuata (il che si presterebbe a contestazioni circa l’opportunità e la sufficiente motivazione della scelta medesima).

Il Collegio, pertanto, rigetta il ricorso statuendo, da ultimo, che “la disciplina in questione si colloca in un contesto emergenziale e derogatorio (con scadenza al 31.12.2021), in precipua ragione del quale il collegio ritiene che ogni valutazione non possa che, secondo un principio di ragionevolezza e proporzionalità, tenere conto del fatto che non si tratta di una scelta “a regime” ma, appunto, di una soluzione avente una precisa e limitata durata temporale” da cui consegue che la gara si colloca “nell’alveo di una disciplina emergenziale che ha imposto alla stazione appaltante, al ricorre di determinate circostanze qui verificatesi, l’esclusione automatica da una procedura negoziata e che tale effetto, per il contesto e la limitata durata temporale in cui è stato posto, non possa essere censurato”.

In relazione all'applicazione dell'art. 1, comma 3, del Decreto Semplificazioni si segnala la Delibera ANAC n. 840 del 21.10.2020 con la quale si è affermato che: "In materia di contratti pubblici sotto soglia, la previsione di carattere temporaneo di cui all’art. 1, comma 3, del D.L. n. 76/2020 (convertito con modificazioni con la L. n. 120/2020), che ha esteso l’applicabilità del meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale in presenza di cinque offerenti (in luogo di dieci, di cui all’art. 97, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016), si applica agli affidamenti diretti e/o alle procedure negoziate (di cui all’art. 1, comma 2, del cit. D.L.) la cui determina a contrarre o atto equivalente è stata adottata dal 17 luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Tale disposizione non trova, invece, applicazione
nelle procedure di gara pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto".

(TAR Piemonte Torino, Sez. I, 17/11/2020, n. 736)


Termine massimo per adempiere al soccorso istruttorio per carenze documentali. Va comunicato via pec?

Termine massimo per adempiere al soccorso istruttorio per carenze documentali. Va comunicato via pec?

È sufficiente un termine inferiore a quello indicato nell’articolo 83 d.lgs. 50/2016 per gli adempimenti di soccorso istruttorio? È legittimo comunicare l’avvenuto caricamento della richiesta di soccorso istruttorio sulla piattaforma di gara mediante e-mail di posta ordinaria o va comunicato via pec? Risposta ai quesiti così formulati ci perviene, con la sentenza in commento, dai giudici di Palazzo Spada.

Un operatore economico veniva escluso dalla procedura di gara avente ad oggetto l’affidamento in concessione del servizio di ripristino post incidente stradale mediante pulizia della piattaforma stradale e reintegro delle matrici ambientali eventualmente compromesse.

L’esclusione veniva motivata dal fatto che l’operatore in questione aveva prodotto la documentazione richiesta ad integrazione di quella esibita in sede di gara oltre il termine fissato con la richiesta di soccorso istruttorio ex articolo 83 comma 9 Codice.

Avverso detto provvedimento l’operatore escluso adiva il TAR lamentando, da un lato, che la stazione appaltante avrebbe disposto una esclusione non rispettosa della disciplina in tema di comunicazioni ai concorrenti, in quanto l’operatore escluso non avrebbe avuto contezza in tempo utile della avanzata richiesta di integrazione documentale; dall’altro, censurava che era stato irragionevolmente ridotto da 10 a 5 giorni il termine previsto dall’articolo 83 per l’adempimento richiesto.

Con la sentenza di primo grado - (TAR Abruzzo L'Aquila, Sez. I, 16/1/2020, n. 8) – il Collegio rigettava il ricorso evidenziando che:

1) l’avanzata richiesta di soccorso istruttorio era disposta al fine di consentire alla ricorrente di sanare le carenze formali presenti nella domanda – ossia l’incompletezza della domanda, cui non venivano allegati la dichiarazione di cui all’articolo 80 Codice anche per i soggetti cessati da cariche sociali nell’ultimo anno e la copia del documento di identità del legale rappresentante;

2) nella seduta di gara in cui si disponeva il soccorso istruttorio era presente il legale rappresentante destinatario della richiesta medesima, che veniva in ogni caso ritualmente comunicata all’interessata attraverso la pubblicazione sulla piattaforma telematica predisposta per l’espletamento della procedura in questione (avevamo già parlato di un caso analogo nel podcast Appalti al volo - TAR Lazio, Roma, 30 gennaio 2019, n. 1192, clicca qui per ascoltare);

3) il termine di 10 giorni di cui si lamenta l’irragionevole compressione è da intendersi, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, come termine massimo – che potrà essere dunque applicato nei soli casi in cui l’integrazione richiesta sia connotata da particolare complessità;

4) la mancata previsione di un termine minimo, di contro, comporta che lo stesso dovrà in ogni caso essere adeguato e commisurato alla gravità e complessità delle irregolarità riscontrate: la mera mancanza del documento di identità del legale rappresentante e la necessità di produzione di una semplice dichiarazione ben giustificano, dunque, l’adozione di un termine più breve.

Del gravame venivano investiti i giudici di Palazzo Spada, davanti ai quali veniva argomentato che:

- il legale rappresentante, presente alla seduta in cui veniva disposto il soccorso istruttorio, non veniva informato delle carenze della domanda;

- l’informativa della carenza documentale effettuata attraverso il portale telematico non consentiva l’inserimento dei documenti mancanti;

- la comunicazione della richiesta di soccorso istruttorio avveniva all’indirizzo di posta elettronica ordinaria invece che all’indirizzo pec, così inficiando il buon andamento che dovrebbe governare l’attività della Pubblica Amministrazione;

- il termine assegnato per l’adempimento del soccorso istruttorio era minimale, essendo inferiore a cinque giorni e con sabato e domenica a inframezzarlo.

I giudici di Palazzo Spada, tuttavia, rigettano il gravame, così delibando:

  1. dal verbale di gara redatto nella seduta cui partecipava il legale rappresentante dell’impresa esclusa – ricorrente nel presente giudizio – emerge che quest’ultimo veniva informato delle criticità e delle carenze della domanda di partecipazione;
  2. l’inserimento nella piattaforma telematica di eventuali carenze documentali non ha il fine di consentire, all’operatore destinatario della comunicazione, la trasmissione della documentazione mancante, ma costituisce un ulteriore mezzo di pubblicità della mancanza stessa;
  3.  non sussiste, in capo alla stazione appaltante, un obbligo di comunicare il soccorso istruttorio a mezzo pec né tale obbligo è previsto dai principi regolatori della materia, in quanto i partecipanti ad una gara d’appalto pubblico sono operatori professionali per i quali la gestione di una gara a mezzo di una piattaforma dedicata è mezzo adeguato;
  4. l’informazione relativa al soccorso istruttorio era successiva alla seduta pubblica cui aveva partecipato il legale rappresentante, cui seguiva la predisposizione della stessa nella piattaforma telematica di gara – con la conseguenza che la comunicazione mediante pec costituiva un mero formalismo;
  5. il termine massimo previsto dall’articolo 83 Codice è di 10 giorni, periodo entro cui devono essere soddisfatte e risolte tutte le carenze eventualmente riscontrate nella documentazione amministrativa da allegare alla domanda di partecipazione ad una gara.

Conclude, pertanto, il Collegio di “dover confermare le conclusioni della sentenza impugnata, secondo cui il termine massimo di 10 giorni appare consono all’esigenza di contenere i tempi complessivi della gara nel rispetto della tempestività possibile” alla luce del fatto che “la produzione di copia di un documento di identità della rappresentante legale e le mere dichiarazioni negative di cui all’art. 80 d.lgs. 50 del 2016 sono atti del tutto privi di complessità (…). E’ evidente che le operazioni richieste erano facilmente eseguibili in uno spazio temporale del tutto ristretto e che correttamente il giudice di primo grado non ha riscontrato alcuna illogicità o violazione di legge, per la stazione appaltante posto un termine siffatto.”

(Cons. St., Sez. V, 9/11/2020, n. 6852)


Esclusione dalla gara di appalto pubblico per sopralluogo difforme

Esclusione dalla gara di appalto pubblico per sopralluogo difforme.

Esclusione dalla gara di appalto pubblico per sopralluogo difformeÈ legittima l’esclusione da una gara di appalto pubblico per l’affidamento dei lavori di un operatore economico motivata con l’esecuzione del sopralluogo in maniera difforme da quanto previsto dalla lex specialis, nonostante questa non prevedesse sanzioni al riguardo? A pronunciarsi sulla questione il TAR Lazio.

Un operatore economico veniva escluso da una procedura di gara poiché la stazione appaltante riteneva che questi non avesse provveduto ad eseguire il sopralluogo nelle modalità prescritte dalla lex specialis di gara. Secondo quanto previsto dal disciplinare, il concorrente avrebbe dovuto, previo appuntamento, prendere visione dei luoghi oggetto delle lavorazioni alla base della gara stessa nonché redigere le attestazioni all’uopo previste.

Avverso tale esclusione, l’operatore economico propone ricorso al TAR, lamentando l’illegittimità del provvedimento in questione. Il ricorso essenzialmente si basa su due motivi:

- l’esclusione è illegittima in quanto il disciplinare, pur prevedendo in maniera espressa l’obbligo di sopralluogo, non prevede alcuna conseguenza espulsiva in caso di mancato adempimento. Più nello specifico, la lex specialis di gara in tema di sopralluogo prevedeva che “Ai fini della presentazione delle offerte, il concorrente è tenuto ad effettuare, ai sensi dell’art. 79 del D.Lgs. n. 50/2016, un sopralluogo … previo appuntamento. (…) Dell’avvenuto sopralluogo verrà rilasciata apposita attestazione (…). Il concorrente dovrà dichiarare di avere comunque preso visione dei luoghi dove debbono eseguirsi i lavori”. Di conseguenza, l’impresa non potrà essere destinataria dell’esclusione in caso di mancata esecuzione del sopralluogo c.d. “assistito” né per la mancata presentazione dell’attestato – attestato che, peraltro, non doveva neppure essere inserito all’interno della documentazione amministrativa di gara.

- una eventuale previsione difforme, contenuta all’interno della lex specialis, sarebbe nulla e quindi disapplicabile poiché in contrasto con quanto previsto dall’art. 83 Codice. Non solo. Il sopralluogo c.d. “assistito” – così come prescritto dalla lex specialis – si sarebbe dovuto tenere in periodo di lockdown – ossia nel pieno della fase emergenziale da Covid19 – il che avrebbe comportato oneri gravosi, sproporzionati e comunque inesigibili. In ogni caso, il sopralluogo veniva comunque eseguito – tanto che dell’avvenuta acquisizione di conoscenza dello stato dei luoghi veniva redatta autocertificazione, allegata alla documentazione di gara.

Il Collegio adito accoglieva il ricorso, osservando che:

  1. la lettera d’invito si limitava a prevedere che “ai fini della presentazione dei preventivi, il concorrente è tenuto ad effettuare ai sensi dell’art. 79 del D. Lgs 50/2016, un sopralluogo presso la località oggetto dei lavori, previo appuntamento”;
  2. il disciplinare non prevedeva la sanzione espressa dell’esclusione dalla gara per l’omessa esecuzione del sopralluogo “assistito” né per la mancata presentazione dell’attestato – che, peraltro, non doveva neppure essere accluso alla documentazione amministrativa.

Ricorda il Collegio che, per costante giurisprudenza, “il principio di tassatività delle cause di esclusione impedisce l’adozione di atti basati su eccessi di formalismo in contrasto con il divieto di aggravamento degli oneri procedimentali e con l’esigenza di ridurre il peso degli oneri formali gravanti sugli operatori economici, riconoscendo giuridico rilievo all’inosservanza di regole procedurali o formali solo in quanto questa impedisca il conseguimento del risultato verso cui l’azione amministrativa è diretta”, e che “la mancata presentazione, da parte di un concorrente in una gara di appalto, della attestazione comprovante…di avere eseguito il sopralluogo, non prevista a pena di esclusione dalla disciplina della gara, non determina l'obbligo per la stazione appaltante di escludere dalla gara il concorrente stesso, in applicazione del principio del favor partecipationis e del principio di tassatività delle fonti delle cause di esclusione dalla procedura”.

(TAR Lazio Latina, Sez. I, 19/10/2020 n. 380)

 

 


Esclusione dalla gara di appalto pubblico disposta dal RUP dopo l’aggiudicazione: lettura sistematica dell’art. 80, comma 6, del Codice dei contratti pubblici.

In una gara di appalto pubblico avente ad oggetto l’affidamento del servizio di igiene urbana, a seguito di regolare aggiudicazione, il RUP comunicava l’esclusione dalla stessa gara della quarta graduata. Viene instaurato un giudizio che vede il TAR esprimersi sulla collocazione e lettura sistematica dell’art. 80, comma 6, del Codice dei contratti pubblici.

Nel dettaglio succedeva questo: espletate le procedure e aggiudicata la gara, la quarta società in graduatoria proponeva ricorso innanzi al TAR per censure relative alle modalità procedimentali della gara. A giudizio incardinato, accadeva che il RUP procedeva a comunicare l’esclusione della ricorrente dalla gara – che si era già conclusa per effetto dell’intervenuta aggiudicazione – motivando l’esclusione con la sussistenza di illeciti professionali.

Avverso tale provvedimento – che, ove non impugnato, avrebbe determinato l’improcedibilità del ricorso principale – la ricorrente proponeva motivi aggiunti.

In particolare, con tali motivi aggiunti veniva evidenziato che:

- il RUP non sarebbe competente ad adottare il provvedimento di esclusione, in ragione dei compiti specifici a quest’ultimo affidati: spettava infatti alla Commissione di gara – secondo quanto previsto dal disciplinare di gara – il compito di decidere sull’ammissione delle imprese e, per l’effetto, sulla valutazione dei motivi di esclusione. In altri termini, il RUP, pur deputato ad adottare le decisioni conseguenti le valutazioni effettuate, non è autorizzato a svolgere apprezzamenti e considerazioni – che sono, invece, demandati alla Commissione di gara (la quale, con la determina di aggiudicazione, aveva peraltro cessato le sue funzioni);

- l’esclusione è stata comminata ad aggiudicazione disposta: da ciò deriverebbe l’illogicità di tale provvedimento – reso al solo fine di pregiudicare le sorti del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione. Ciò sarebbe in contrasto con l’art. 80, comma 6, del Codice dei contratti pubblici - norma il cui inciso “le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura” andrebbe letto nel senso di consentire l’esclusione dell’operatore economico solo fino all’aggiudicazione.

Il Collegio accoglie i motivi aggiunti così argomentati, limitandosi ad evidenziare che:

  1. è pacifico che il provvedimento di esclusione fa espresso riferimento all’art. 80, comma, 6 del Codice dei contratti pubblici; da ciò emerge il fatto che il RUP ha avuto modo di valutare che il potere di escludere il concorrente fosse ancora sussistente nella fase successiva all’aggiudicazione – ritenendo implicitamente ancora aperta la procedura di gara;
  2. l’esclusione è illegittima in quanto la procedura “cui si riferisce il comma 6 citato si è chiusa con la scelta del contraente e non è più possibile escludere altro concorrente non aggiudicatario che aveva partecipato alla gara”.

Il Collegio conclude affermando che “l’esclusione è stata disposta sol perché per la gara pendeva il giudizio … (non apparendo che il R.U.P. avrebbe altrimenti continuato a svolgere il proprio compito). E ancora: “Sotto il profilo sistematico, l’art. 80 si colloca nel Titolo III, Capo III del d.lgs. n. 50/2016, alla Sezione II titolata "Selezione delle offerte", riguardando dunque un ben definito ambito, da cui esorbita la previsione di un potere di esclusione che vada oltre il vaglio delle offerte e consenta in qualunque momento (anche dopo l’aggiudicazione) di rivedere la posizione dei concorrenti.”

(TAR Campania Napoli, Sez. III, 20/10/2020 n. 4637)


Affidamento in house in luogo di gara di appalto pubblico: necessaria una adeguata motivazione?

Quali sono i criteri da rispettare affinché una S.A. possa procedere all’affidamento in house di un lavoro o di un servizio – senza espletare, cioè, una procedura di gara di appalto pubblico? È necessaria una adeguata motivazione?

Nei fatti, un operatore economico  – che gestiva il servizio di parcheggio a pagamento per conto della stazione appaltante essendo risultato aggiudicatario di una gara regolarmente bandita in precedenza - impugnava innanzi al TAR i provvedimenti con cui la stazione appaltante, a seguito di  gara di appalto andata deserta, anziché indire una nuova procedura di gara, aveva affidato il servizio con procedimento in house e senza gara ad una società da quest’ultima interamente partecipata.

Il gestore uscente lamentava che tale scelta non era stata adeguatamente motivata: la stazione appaltante avrebbe dovuto motivare la preferenza per il modello in house e la scelta del modello in questione andava preceduta da una concreta disamina delle alternative esistenti, sotto i profili della comparazione tra le varie forme di gestione, delle valutazioni economico/qualitative dei servizi offerti e della verifica della effettiva capacità del gestore di svolgere correttamente il servizio affidato – così come previsto dall’art. 192 Codice.

Il TAR accoglie il ricorso .

Ai sensi dell’art. 192, comma 2, d.lgs. 50/2016, “ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

In particolare, il Collegio evidenzia che, poiché l’affidamento in house ha natura secondaria e residuale, la S.A. ha l’obbligo di motivare in maniera puntuale l’affidamento in autoproduzione di servizi disponibili sul mercato, evidenziando in modo specifico le ragioni che hanno determinato il mancato ricorso al mercato.

Conclude, quindi, il giudice di primo grado che “la relazione ex art. 34, c. 20, del D.L. n. 179/2012 sulle modalità di affidamento del servizio non possa essere degradata a mero orpello procedimentale, e come, nel caso in cui si opti per l'affidamento diretto in house, sia richiesto un onere motivazionale rafforzato e più incisivo circa la praticabilità delle scelte alternative con la conseguenza che vi è violazione del citato art. 192 del Codice in quanto “le delibere gravate affidano la motivazione della scelta esclusivamente alle valutazioni contenute nella relazione illustrativa predisposta dal Comune ai sensi dell’articolo 34 comma 20 del D.L. 179/2012…che si limita a valutare la convenienza economica dell’affidamento in house…ma nulla dice circa le ragioni del mancato ricorso al mercato”.

Di qui la violazione della norma menzionata nonché il difetto di istruttoria e di motivazione.

Il Collegio aggiunge che neppure potrebbe ritenersi che la valutazione circa le ragioni del mancato ricorso al mercato sia insita nel fatto che una precedente gara per l’aggiudicazione – tra gli altri - del servizio di gestione della sosta a pagamento fosse andata deserta.

La gara andata deserta infatti concerneva, oltre al servizio del parcheggio a pagamento, anche svariati altri servizi definiti accessori (es. la creazione di un sistema di info-mobilità mediante installazione di 3 pannelli informativi di segnalazione e avviso; la realizzazione di un sistema di videosorveglianza con 20 telecamere e regolamentazione con 11 varchi obbligatori di accesso alle diverse zone ZTL; la gestione del servizio di mobilità sostenibile mediante realizzazione di 7 stazioni di car e bike sharing, 15 stalli da 10 biciclette l’uno, tutti dotati di sistemi di telecontrollo, fornitura di 70 biciclette a pedalata assistita e installazione di 10 colonnine con stallo dedicato per la ricarica di veicoli elettrici o ibridi).

Poiché i contenuti dei due contratti da affidare non erano oggettivamente comparabili, dalla diserzione della gara per la realizzazione e gestione di un sistema integrato di mobilità sostenibile, non poteva legittimamente trarsi alcuna conclusione nel senso della maggiore convenienza dell’affidamento in house del solo servizio di gestione del parcheggio a pagamento.

 (TAR Liguria Genova, Sez. II, 2/10/2020 n. 680)


Sospensione appalto pubblico per esplosione ordigno bellico: forza maggiore o colpa della Committente?

Nell'ambito di un appalto pubblico per lavori di adeguamento di tratti autostradali, l'impresa esecutrice, lamentando un andamento anomalo dell'appalto, iscrive riserve nei documenti contabili di cui chiede il riconoscimento in giudizio. In particolare, l'impresa afferma che, a seguito dell'esplosione di un ordigno bellico, non ha potuto gestire in modo razionale e ottimale l'esecuzione dei lavori subendo danni da sospensione a suo avviso illegittima, giacché, a dire dell'impresa, le lungaggini e la sospensione causate dall'esplosione dell'ordigno bellico non rappresenterebbero una causa di forza maggiore ma sarebbero imputabili alla Committente.

Nel corso del giudizio viene espletata una CTU in seno alla quale il tecnico incaricato dal giudicante ha avuto modo di affermare che "lo scrivente comunque è del parere che la circostanza dell’esplosione di un ordigno bellico non possa ritenersi imputabile alla committente; in sede di consegna dei lavori l’ATI appaltatrice ha accertato lo stato dei luoghi, senza eccezione alcuna in merito alla valutazione dei rischi specifici relativi a quanto accaduto. Dagli atti non appaiono inoltre omissioni da parte della Stazione Appaltante riguardo tardive attivazioni di autorizzazione alla bonifica nonché ritardi nella riattivazione del cantiere".

In base alle conclusioni della CTU, condivise in toto dal Giudice, risulta accertato, come è dato leggere in sentenza, che nessun comportamento colpevole, omissivo o commissivo, è stato posto in essere dalla Committente con riguardo al fenomeno bellico in questione; l’esplosione dell’ordigno bellico deve, dunque, considerarsi fatto imprevisto e imprevedibile e in nessun modo può essere attribuito, nella sua valenza potenzialmente dannosa, a responsabilità della committenza; l’esplosione e le relative attività di bonifica rientrano nel novero delle cause di forza maggiore e/o comunque delle circostanze speciali che legittimano la sospensione dei lavori senza necessità di alcun compenso, indennizzo o risarcimento in favore dell’appaltatore, secondo quanto disposto dall’art. 24 del d.M. 145/2000 (applicabile all'appalto in questione ratione temporis).

Per concludere, il Giudice dedica poche righe alla presa d’atto dell’appaltatrice, in sede di consegna dei lavori, circa lo stato dei luoghi; afferma che la funzione delle dichiarazioni rese dall’impresa, tra cui quella di sopralluogo, è quella di “precludere all’appaltatore contestazioni basate sull’asserita mancata conoscenza dei luoghi e di ridurre al minimo le possibilità di modifiche contrattuali in sede di esecuzione, per cui l’onere posto a carico dell’impresa di visitare i luoghi dell’appalto prima di formulare la propria offerta è posto essenzialmente a garanzia dell’amministrazione" (Cons. St., Sez. V, 7 luglio 2005, n. 3729, TAR Campania, Salerno, Sez. I, 8 ottobre 2004, n. 1874).

Sulla funzione della visita dei luoghi e sulle responsabilità che ne derivano, vale la pena rilevare che si registrano diversi orientamenti sul punto.

Da un lato, c'è chi ritiene che la predetta visita costituisce una attestazione della presa di conoscenza: "A questo proposito viene in taglio anzitutto la giurisprudenza della Corte di Cassazione, sull’art. 1 del d.P.R. n. 1063 del 1962, che costituisce l'antecedente cronologico dell'art. 71 del D.P.R. 554/99, sul quale la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che la clausola contrattuale con la quale l'impresa dichiara di avere esaminato la situazione dei luoghi e di averne valutato i riflessi sull'esecuzione dell'opera, lungi dal costituire una mera clausola di stile, si traduce in un'attestazione della presa di conoscenza delle condizioni locali e di tutte le circostanze che possono influire sull'esecuzione dell'opera; essa, pertanto, pone a carico dell'appaltatore un preciso dovere cognitivo, cui corrisponde una altrettanto precisa responsabilità, determinando un allargamento del rischio, senza però comportare un'alterazione della struttura e della funzione del contratto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio (Cass. nn. 3932 del 2008; in senso sostanzialmente conforme v. Cass. n. 13734 del 2003 e 11469 del 1996). La dichiarazione di presa visione dei luoghi dà certezza dell’avvenuto accesso “in loco” e della conoscenza di quanto, pur nel corso di un semplice sopralluogo, può essere constatato, con riferimento alla valutabilità di tutte le circostanze nelle quali le opere devono essere eseguite" (Cons. St., Sez. V, 27 marzo 2012, n. 2819).

Da altro lato, chi ritiene che “la dichiarazione di presa visione dei luoghi non significa che l’Impresa debba sostituirsi alla Stazione appaltante nella predisposizione del progetto e deve ritenersi riferita allo stato generale dei luoghi, non essendo l’impresa tenuta a procurarsi una conoscenza dei luoghi ed una cognizione dell'appalto diverse e maggiori di quelle poste a base del Capitolato e dei disegni allegati (Lodo Roma 23 marzo 2001 in AGOP, 2002, L 13).

(Trib. Roma, Sez. XVII civ., 16/1/2020, n. 1007)


Appalti pubblici. Mancato versamento contributo ANAC soccorso istruttorio sì, ma quando

Appalto pubblico. Mancato versamento contributo ANAC: soccorso istruttorio sì, ma quando?

Appalti pubblici. Mancato versamento contributo ANAC soccorso istruttorio sì, ma quando

La stazione appaltante esclude da una gara di appalto pubblico un operatore economico poiché dall’esame della documentazione è risultato il mancato versamento del contributo ANAC "che costituisce condizione di ammissibilità dell’offerta, sottolineando che tale inadempimento costituiva difformità non sanabile rispetto alle specifiche normative tali da costituire causa di esclusione delle successive fasi di gara”. In conseguenza di tale provvedimento, l’impresa che ne era destinataria adiva il TAR, lamentando l’illegittimità dell’esclusione e invocando che sarebbe stato legittimo il soccorso istruttorio.

Nello specifico, eccepiva che:

- la S.A. avrebbe violato l’art. 83 commi 8 e 9 del Codice in materia di soccorso istruttorio, atteso che non solo risulterebbe in via documentale l’avvenuto pagamento del contributo, ma anche che la mancata presentazione della ricevuta del contributo ANAC non sarebbe prevista quale causa di esclusione;

- anche volendo ammettere l’obbligatorietà del versamento, tale onere – peraltro successivamente assolto - sarebbe previsto solo per l’affidamento di opere pubbliche e non di servizi come quello messo a bando;

- l’incerto quadro normativo derivante dall’emergenza sanitaria Covid-19 avrebbe determinato il sussistere di un ragionevole affidamento a che le S.A. non potessero più pretendere il pagamento del contributo ANAC ai fini dell’ammissione alla gara, in ragione del fatto che l’Autorità - delibera n. 289 dell’1/4/2020 - aveva chiesto ufficialmente al Governo di sospendere per tutto il 2020 il pagamento del contributo.

Il Collegio accoglie il ricorso, così annullando gli atti di gara come richiesto, e statuisce in particolare che:

1) la mancata presentazione della ricevuta del contributo ANAC non era stata contemplata quale causa di esclusione da nessuna disposizione del bando di gara; la tesi secondo cui il contributo ANAC sarebbe condizione di ammissibilità dell’offerta non è aderente ai principi di derivazione eurounitaria di trasparenza e parità di trattamento;

2) l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell'offerta appare comune una tipica espressione del brocardo “in claris non fit interpretatio”, con la conseguenza che il versamento di tale contributo è caratteristica delle gare di opere pubbliche, mentre nel caso in esame si tratta pacificamente dell’affidamento di servizi di architettura e di ingegneria;

Conclude il Collegio che il decorso dei fatti “possa aver oggettivamente ingenerato nella società ricorrente un obiettivo affidamento sulla sopravvenuta inefficacia dell’obbligo di pagamento del contributo, alla luce delle raccomandazioni operative dettate in tema dalla stessa autorità con delibera 1 aprile 2020 e…recepite sul piano dello ius positum dal D.L. n.34/2020, di guisa che la gravata esclusione dalla gara appare oggettivamente sproporzionata e inconciliabile con il principio del favor partecipationis e della tutela della concorrenza”

(TAR Calabria Reggio Calabria, 15/9/2020 n. 543)

 


Decreto Semplificazioni: esclusione automatica delle offerte negli appalti pubblici sotto soglia al prezzo più basso,

Decreto Semplificazioni: esclusione automatica delle offerte negli appalti pubblici sotto soglia al prezzo più basso, "ok il prezzo è giusto"?

Decreto Semplificazioni: esclusione automatica delle offerte negli appalti pubblici sotto soglia al prezzo più basso, "ok il prezzo è giusto"?Il Decreto Semplificazioni (convertito in L. 11/09/2020, n. 120) sembra prevedere una disciplina sostitutiva (e speciale) a tempo - fino al 31.12.2021 - anche in relazione agli appalti pubblici sotto soglia da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso: "Nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque" (Art. 1, comma 3, Decreto Semplificazioni).

Dobbiamo necessariamente fare un po' di chiarezza per comprendere la portata applicativa della norma.

  1. Si tratta di una disciplina a tempo (fino al 31 dicembre 2021);
  2. Si applica agli appalti pubblici sotto soglia (la previsione è contenuta infatti nell'art. 1 del Decreto Semplificazioni) da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso a prescindere dal carattere transfrontaliero;
  3. In caso le offerte ammesse siano in numero pari o superiore a 5, si procede all'esclusione automatica di quelle che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata a norma del Codice del 2016;
  4. Si procede all'esclusione automatica a prescindere dalla indicazione di una clausola ad hoc nella lex specialis di gara.

In tutti gli altri casi non disciplinati dalla previsione si farebbe comunque ricorso alla disciplina generale del Codice del 2016.

La disposizione presenta però (come al solito) delle criticità in relazione all'evidente mancato raccordo con la disciplina generale prevista dall'art. 97 del codice del 2016.

Ipotizzando di avere 6 offerte ammesse, sarebbe da applicare la norma generale (art. 97, comma 8 bis, Codice) o quella speciale  (Art. 1, comma 3, Decreto Semplificazioni)?

Si potrebbe agevolmente rispondere che prevale la disciplina speciale dell'esclusione automatica di cui al decreto Semplificazioni.

A voler essere iper critici però, personalmente avrei dei dubbi anche con riferimento al fatto che il Decreto Semplificazioni preveda una disciplina sostitutiva che opera in deroga al Codice 2016, uno spunto interessante che può far presumere che invece si tratti di una disciplina applicabile in soli determinati casi e procedure viene dall'incipit dell'art. 1 (lo stesso dicasi per l'art. 2): "Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19 (...)".

Perché specificare le indicate finalità? Il Legislatore voleva forse circoscrivere l'applicazione delle norme a determinate procedure? Si tratta naturalmente di una provocazione e al contempo di uno spunto di riflessione.

Al riguardo non posso che essere d'accordo con quanto dice la mia collega Aurora Donato "le norme inutili non sono mai innocue". Difatti questo incipit sembrerebbe alquanto inutile laddove le norme previste dal Semplificazioni costituissero una disciplina sostitutiva di quella generale di cui al Codice del 2016 ma tant'è.

Eppure non possiamo escludere che l'operatore che si vede escludere automaticamente la propria offerta in base al decreto Semplificazioni non impugni il provvedimento di esclusione facendo leva sulla disciplina generale.

Per concludere, vorrei ripercorrere l'evoluzione dell'istituto dell'esclusione automatica di cui all'art. 97, comma 8, del Codice del 2016.

Art. 97, comma 8, d.lgs. 50/2016 (post correttivo e ante Decreto Sblocca Cantieri):

"Per  lavori,  servizi  e  forniture,  quando  il  criterio   diaggiudicazione e' quello del prezzo piu' basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all'articolo 35, la stazione  appaltante puo' prevedere nel bando l'esclusione  automatica  dalla  gara  delle offerte che presentano una percentuale di ribasso  pari  o  superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi del comma 2. In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque la facolta' di esclusione automatica non e' esercitabile quando il numero delle offerte ammesse e' inferiore a dieci".

Art. 97, comma 8, d.lgs. 50/2016 (post Decreto Sblocca Cantieri):

"Per  lavori,  servizi  e  forniture,  quando  il  criterio   di aggiudicazione e' quello del prezzo piu' basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all'articolo 35, e che non  presentano carattere transfrontaliero,  la  stazione  appaltante  prevede bando l'esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia  di  anomalia individuata ai sensi del comma 2 e dei commi 2-bis  e  2-ter. In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque  l'esclusione automatica non opera  quando  il  numero  delle  offerte  ammesse  e' inferiore a dieci".

Ora, stando alla tesi sulla disciplina sostitutiva e speciale del Decreto Semplificazioni, l'art. 1, comma 3, del predetto decreto sarebbe applicabile in luogo dell'art. 97, comma 8, post Sblocca Cantieri (alle condizioni viste sopra).

 


Decreto Semplificazioni: il ritardo nell'aggiudicazione imputabile all'operatore economico, nuova causa di esclusione dall'appalto pubblico?

Decreto Semplificazioni: il ritardo nell'aggiudicazione imputabile all'operatore economico, nuova causa di esclusione dall'appalto pubblico?

Decreto Semplificazioni: il ritardo nell'aggiudicazione imputabile all'operatore economico, nuova causa di esclusione dall'appalto pubblico?Il Decreto Semplificazioni (convertito in L. 11/09/2020, n. 120) sembra prevedere in seno all'appalto pubblico (contratti sotto soglia ma anche sopra soglia, con differenti termini che si esamineranno più avanti), con una formulazione al solito tutt'altro che felice, una nuova causa di esclusione dalla procedura allorquando il mancato rispetto del termine indicato per addivenire all'aggiudicazione o alla individuazione definitiva del contraente sia imputabile all’operatore economico.

Il riferimento, per ciò che concerne i contratti sotto soglia, è dato dall'art. 1, comma 1, del Decreto Semplificazioni: "Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, in deroga agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante Codice dei contratti pubblici, si applicano le procedure di affidamento di cui ai commi 2, 3 e 4, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre 2021 (ndr termine modificato in sede di conversione, il decreto prevedeva inizialmente il 31 luglio 2021).

In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento, aumentati a quattro mesi nei casi di cui al comma 2, lettera b). Il mancato rispetto dei termini di cui al secondo periodo, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto".

In relazione ai contratti sopra soglia, l'articolo di riferimento è l'art. 2, comma 1, del Decreto Semplificazioni: "Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, si applicano le procedure di affidamento e la disciplina dell’esecuzione del contratto di cui al presente articolo qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre 2021 (ndr termine modificato in sede di conversione, il decreto prevedeva inizialmente il 31 luglio 2021).

In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di sei mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento. Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto".

Già all'indomani della pubblicazione del Decreto Semplificazioni, l'attenzione si è concentrata sulla responsabilità per danno erariale cui pure fanno riferimento le disposizioni menzionate, mentre l'inciso relativo alla nuova causa di esclusione che sembra venire a configurarsi in capo agli operatori sembra essere passato inosservato.

Quanto sopra merita invece una riflessione giacché il dato letterale della norma non esprime con chiarezza a quali circostanze faccia riferimento il Legislatore quando parla di mancato rispetto del termine per addivenire all'aggiudicazione imputabile all'operatore economico.

Si potrebbe configurare ad esempio un comportamento "ostruzionistico" del concorrente quando legittimamente propone alla stazione appaltante una richiesta di chiarimenti che di fatto pone la SA nella condizione di impiegare del tempo nel fornire i chiarimenti (tempo che potrebbe rendere necessaria una proroga del termine per la presentazione delle offerte con la impossibilità di rispettare i due/quattro/sei mesi previsti dal Legislatore)?

E se così fosse, è lecito chiedersi se tale comportamento "ostruzionistico" possa essere qualificato ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice secondo cui la stazione appaltante esclude dalla procedura l'operatore economico se dimostri con mezzi adeguati che l'operatore si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.

E se così (ancora) fosse, è chiaro che tale illecito professionale potrebbe incidere sulla partecipazione alle future gare alle quali l'operatore intende partecipare.

La formulazione della norma del Decreto Semplificazioni oggetto del presente contributo non è chiara e lascia spazio a dubbi di natura interpretativa; se l'intenzione del Legislatore del Decreto Semplificazioni -  come ampiamente evidenziato - è quello di rendere più celere la stipulazione - e l'esecuzione - dei contratti pubblici, una norma del genere potrebbe invero rallentare ulteriormente le procedure: si può infatti agevolmente ipotizzare che, dinanzi a una esclusione disposta ai sensi dell'art. 1, comma 1 (o art. 2, comma 1) del Decreto Semplificazioni, l'operatore azioni un ricorso innanzi al TAR competente con buona pace dell'obiettivo (pure condivisibile) di deflazione del contenzioso che il Legislatore sembra perseguire.