L’Adunanza Plenaria sull’impugnazione del criterio di aggiudicazione: wait and see…

È stata pubblicata l’attesa pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sulla possibilità di impugnare il bando per chi non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara e sulla immediata impugnazione delle clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente.

Sulla prima questione, la sentenza conferma gli approdi della storica decisione della stessa Adunanza Plenaria n. 1 del 2003, richiamando i principi generali in materia di condizioni dell’azione, desumibili dall’art. 24, co. 1°, della Costituzione e dall’art. 100 c.p.c. e ribadendo che – sia nella vigenza del Codice abrogato, che nell’attuale quadro normativo – l’operatore del settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara non è legittimato a contestare le clausole di un bando che non rivestano nei suoi confronti portata escludente. Secondo l’Adunanza Plenaria, infatti, la presentazione di una domanda di partecipazione alla gara non costituisce un onere sproporzionato per l’operatore e, comunque, non lo pregiudica sul piano processuale, non determinandosi alcuna acquiescenza implicita alle clausole del procedimento. Soprattutto, la situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, sarebbe ricollegabile unicamente alla partecipazione alla procedura, risultando l’operatore del settore che non partecipa portatore al massimo di un interesse di mero fatto.

Anche sulla seconda questione l’Adunanza Plenaria non compie una scelta innovativa, confermando che le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente debbano essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo (l’aggiudicazione). Sul punto la sentenza richiama l’art. 120, co. 5, c.p.a., che fa riferimento ai bandi solo in quanto “autonomamente lesivi”. Con particolare riferimento alle ipotesi di contestazione del criterio di aggiudicazione, la sentenza dell’Adunanza Plenaria precisa che tale principio varrebbe tanto con riferimento al Codice previgente, fondato sul principio dell’equiordinazione fra i criteri di aggiudicazione, quanto nella vigenza del nuovo Codice, che prevede una “gerarchia” fra i criteri, favorendo quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Infatti, secondo la sentenza, nessuna delle due disposizioni conterrebbe elementi che depongano in favore di un’impugnabilità immediata della clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione, in quanto l’operatore che la ritenga errata potrebbe ancora essere prescelto quale aggiudicatario.

Inoltre, imporre l’immediata impugnazione di qualsiasi clausola del bando, sempre secondo l’Adunanza Plenaria, determinerebbe anche conseguenze negative sulla durata delle procedure di gara, aumentando il contenzioso e spingendo i ricorrenti a dilatare la tempistica processuale, non proponendo la domanda cautelare sino all’aggiudicazione della procedura.

In conclusione, è pur vero che la pronuncia non si discosta dai precedenti in materia e dai consolidati principi in materia di interesse ad agire. Al contempo, però, in concreto la sentenza in esame impone l’attesa della conclusione della gara e dell’aggiudicazione per far venire (forse) al pettine nodi rilevanti, quali la scelta di un criterio di aggiudicazione in violazione di norme – come quella che disciplina oggi i casi di utilizzo esclusivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa – poste a presidio di importanti interessi pubblici.

Consiglio di Stato, Ad. Plen., 26/04/2018, n. 4