Durata delle concessioni demaniali e tutela del gestore uscente, ancora un intervento della Corte Costituzionale

Sulle concessioni demaniali turistico-ricreative continua la tensione tra Stato e Regioni.

Stavolta tocca alla L.R. Friuli Venezia Giulia n. 20/2017, impugnata dal Governo e dichiarata incostituzionale dalla Consulta per quanto riguarda la disciplina della durata della concessione e dell’indennizzo al gestore uscente.

In particolare, la sentenza n. 109 del 30.5 della Corte Costituzionale sulla L.R. Friuli Venezia Giulia 20/2017 ha statuito che: 

– in base l’art. 03, co. 4-bis, d.l. 400/93, la durata delle nuove concessioni  turistico-ricreative non può eccedere il periodo di 6-20 anni (dunque, illegittima la L.R. F.V.G. che prevede 40 anni di durata);

– l’indennizzo a favore del gestore uscente (per la L.R. F.V.G.  il  subentrante deve corrispondere all’uscente un indennizzo relativo sia della quota degli investimenti non ammortizzati, sia al valore commisurato all’avviamento maturato utilizzando il bene), è illegittimo poiché “in ordine al mancato rinnovo della concessione in essere” il Cod. Nav. “non assegna alcun rilievo alle componenti economico-aziendali dell’impresa del concessionario uscente e, in ogni caso, non prevede oneri destinati a gravare sul nuovo concessionario”. Tale previsione, inoltre, limita le “possibilità di accesso al mercato (…) per gli operatori economici che aspirino ad entrare nello stesso. 

Il messaggio è chiaro: spetta allo Stato (non alle Regioni), nel rispetto della Bolkenstein, intervenire.

Il problema è che, ad oggi, a circa due anni dalla deadline del 30.6.2020 (quando tutte le concessioni “prorogate” scadranno e dovranno andare a gara) latita l’intervento legislativo statale.

Infatti,  il disegno di legge del Governo A.C. 4302 (“Delega al governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali, fluviali ad uso turistico-ricreativo”) approvato dalla Camera e trasmesso al Senato per il suo esame il 26.10.2017 non è ancora stato approvato. 

D’altra parte, i diversi interventi normativi delle Regioni continuano a scontrarsi con la Corte Costituzionale (la decisione del 30.5 segue, infatti la decisione n.157 del 2017 sulle norme adottate dalla Toscana e, si immagina, anticipa quello che sarà il contenuto della decisione attesa a breve sulla L.R. Abruzzo n. 30/2017, anch’essa impugnata dal Governo).

L’auspicio è, quindi, quello di un intervento risolutore da parte della legislazione statale che, a sua volta, dovrà fare i conti con i paletti derivanti dalla direttiva Bolkenstein.