Apposizione di riserve in appalti pubblici: importanza dei termini e rischio decadenza

Apposizione di riserve in appalti pubblici: importanza dei termini e rischio decadenza

Apposizione di riserve in appalti pubblici: importanza dei termini e rischio decadenzaQuella dell’apposizione delle riserve negli appalti pubblici è una problematica che assume notevole importanza per gli operatori con particolare riferimento ai termini e alla decadenza.

È il caso di ribadire alcuni principi appunto partendo da una recente sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro.

Questi i fatti. Un operatore domandava al Tribunale che gli venisse riconosciuto il diritto al pagamento della maggior somma di € 2.064.695,43 in conseguenza dell’anomalo andamento dei lavori (da imputarsi a responsabilità della committente). Nel costituirsi, l’amministrazione convenuta contestava le pretese dell’aggiudicatario – ritenute illegittime in quanto l’operatore aveva non solo apposto tardivamente le riserve, ma non le aveva altresì confermate all’atto della sottoscrizione del conto finale. Con la sentenza di primo grado, il Giudice accoglieva parzialmente le conclusioni rassegnate dall’operatore economico e condannava l’amministrazione al pagamento della somma di € 350.235,81.

Avverso tale decisione, sia l’amministrazione che l’aggiudicatario proponevano appello: la prima, ribadendo l’assunto che le riserve fossero state apposte tardivamente e non confermate al momento della sottoscrizione del conto finale; il secondo, censurando in via incidentale l’erroneità della pronuncia di prime cure laddove non riconosceva la legittimità di tutte le riserve iscritte.

Ambo gli appelli venivano rigettati. Il Collegio chiamato a pronunciarsi sulla vicenda ricorda anzitutto che il requisito di specificità dei motivi di appello, di cui all’art. 342 c.p.c., deve tenere nella dovuta considerazione le motivazioni alla base della sentenza oggetto di gravame (con conseguente inammissibilità dell’appello fondato su motivi contenenti un generico richiamo alle conclusioni, eccezioni e deduzioni rassegnate nella comparsa di primo grado).

Nel merito, il Collegio evidenzia quanto segue:

- ad assumere primario rilievo è l’esatto momento in cui le riserve vengono apposte (una loro tardiva iscrizione comporterà infatti la decadenza dell’operatore da tale diritto, con nullità delle riserve apposte oltre i termini previsti);

- l’operatore cui sia sottoposto il registro di contabilità per la sua sottoscrizione dovrà contestare le contabilizzazioni in esso contenute, esplicitando poi la relativa riserva;

- ove la riserva apposta sia relativa a lavori indicati nel già menzionato registro di contabilità, l’appaltatore dovrà sempre firmare lo stesso con riserva (pena la decadenza): ciò significa, in altri termini, che, poiché l’appaltatore deve firmare il registro ogniqualvolta venga emesso un SAL, egli dovrà formulare le riserve inerenti a ciascun SAL nel medesimo momento in cui sottoscrive il registro;

- se la riserva riguarda fatti c.d. continuativi (ossia che durano nel tempo o la cui causa si ripete continuativamente), l’operatore dovrà iscrivere riserva ogni volta che essa riguarda partite contabilizzate nel registro ovvero fatti ad esse riconducibili (in tal caso, la continuità del fatto generatore incide soltanto sulla possibilità di quantificare esattamente la riserva, ma non di dispensare l’appaltatore dall’immediata iscrizione);

- se oggetto di riserva è l’intero appalto (non quindi partite di lavoro indicate nel registro di contabilità), l’appaltatore non sarà onerato dall’obbligo di apporre immediatamente riserva: momento finale per tale adempimento viene individuato nel conto finale (atto in cui andranno, come detto, confermate le riserve già apposte nel registro di contabilità stesso);

- diversamente, ove nel corso dell’esecuzione delle opere sorgano contestazioni tra esecutore ed appaltatore e la controversia venga risolta con l’intervento del RUP, l’esecutore che non sia soddisfatto dai termini nei quali la questione sia stata risolta sarà tenuto ad iscrivere riserva al momento della prima sottoscrizione successiva del registro di contabilità;

- in caso di indisponibilità del registro di contabilità, l’appaltatore – il quale formuli riserve dal contenuto generico – dovrà informare tempestivamente l’amministrazione, esplicitando l’apposta riserva nei termini indicati dalla legge mediante atto scritto avente data certa (ciò al fine di non incorrere nelle decadenze previste dalla legge stessa).

Per un approfondimento delle tematiche: R. Berloco, Le riserve nell’ambito dei lavori pubblici, Grafill Editoria Tecnica, 2019; R. Berloco, P.G. Gianforte, Riserve per costi extra covid-19 nell’ambito dei lavori pubblici, Grafill Editoria Tecnica, 2020;

(Corte App. Catanzaro, Sez. III, 4.2.2022, n. 137)


Caro materiali e appalti pubblici: le novità normative nel paper di Legal Team

Caro materiali e appalti pubblici: le novità normative aggiornate alla Legge di Bilancio 2024 e alla giurisprudenza più recente

Vista la confusione che regna sovrana, abbiamo predisposto un paper, a cura di Rosamaria Berloco e Pietro Falcicchio con la collaborazione di Marco Reale e su tutte le novità in tema di appalti pubblici e caro materiali, in modo da rendere accessibile il “convulso” quadro normativo in cui ci troviamo a operare.

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Caro materiali convertito in legge il decreto “Sostegni ter”. Novità e conferme su revisione prezzi, compensazioni, accordi quadro.

Caro materiali: convertito in legge il decreto “Sostegni ter”. Novità e conferme su revisione prezzi, compensazioni, accordi quadro.

TCaro materiali convertito in legge il decreto “Sostegni ter”. Novità e conferme su revisione prezzi, compensazioni, accordi quadro.orniamo sul tema che sta affliggendo la nostra economia: il caro materiali. Il decreto “Sostegni ter” (d.l. 4/2022) è stato convertito in legge 25/2022. Si registrano conferme su revisione prezzi e  compensazioni e novità, introdotte in occasione della conversione, in tema di accordi quadro.

La legge di conversione del d.l. Sostegni ter non altera il meccanismo di revisione prezzi previsto dal d.l. 4/2022, per cui resta fermo l’obbligo fino al 31.12.2023 di inserire la clausola di revisione prezzi in tutti i contratti di lavori, servizi e forniture i cui bandi siano stati pubblicati successivamente al 27.1.2022.

Rilevanti novità, invece, sono state inserite per fronteggiare il costante aumento del costo dei materiali. Il comma 11-bis, inserito all’art. 29 in sede di conversione, ha inciso sui costi per gli accordi quadro.

La norma prevede che per gli accordi quadro aggiudicati o efficaci al 29.3.2022 (data di entrata in vigore della legge di conversione) le stazioni appaltanti possono utilizzare, nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori dell’accordo quadro, le risultanze dei prezziari regionali che verranno aggiornati in base alle nuove linee guida che verranno amante dal MIMS.

Il comma 12 del medesimo art. 29, infatti, dispone l'adozione di apposite linee guida per la determinazione dei prezzari di cui all'art. 23, comma 7, d.lgs. 50/2016 e s.m.i., demandandone l’adozione da parte del MIMS entro il 30 aprile 2022.

Nelle more dell’adozione delle linee guida e, dunque, dell’aggiornamento dei prezziari in base alle stesse, il secondo periodo del comma 11-bis specifica che le stazioni appaltanti, sempre nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori previsti dall'accordo quadro, possono aumentare o ridurre le risultanze  dei  prezzari  regionali  utilizzati  ai  fini dell'aggiudicazione dell'accordo quadro utilizzando le rilevazioni semestrali effettuate dal MIMS ai fini della compensazione ordinaria prevista per i contratti pubblici di lavori dall’art. 29, comma 1, lett. b) del d.l. 4/2022.

A tal proposito è bene precisare che il comma 2 dell’art. 29 del d.l. 4/2022 prevede che il MIMS proceda a determinare con decreto le rilevazioni delle variazioni di prezzo dei materiali da costruzione maggiormente significativi. Tali decreti, secondo la stessa norma, sono adottati entro il 31 marzo e il 30 settembre di ogni anno.

Da ultimo, si segnala infine che in sede di conversione è stato altresì aggiunto il comma 13-bis all’art. 29 che adegua il termine dal quale è possibile sciogliere il CCT alla data del 30.6.2023. Il decreto Semplificazioni-bis (d.l. n. 77/2021), infatti, aveva prorogato già al 30.6.2023 le varie norme sull’applicazione del CCT ma aveva dimenticato di modificare tutti i commi e, in particolare, il comma 6 dell’art. 6 del d.l. 76/2020 in tema di scioglimento del CCT. L’art. 29 del decreto Sostegni-ter non fa altro che completare l’adeguamento di tutte le norme in tema alla data del 30.6.2023.

Qualche giorno fa è stato convertito in legge il c.d. decreto Sostegni-ter (d.l. 4/2022 conv. in L. 25/2022) il quale, come noto, introduce la clausola revisione prezzi obbligatoria per i contratti di lavori, servizi e forniture.

La legge di conversione del d.l. Sostegni-ter non altera il meccanismo di revisione prezzi previsto dal d.l. 4/2022, per cui resta fermo l’obbligo fino al 31.12.2023 di inserire la clausola di revisione prezzi in tutti i contratti di lavori, servizi e forniture i cui bandi siano stati pubblicati successivamente al 27.1.2022.

Rilevanti novità, invece, al comma 11-bis, inserito all’art. 29 in sede di conversione, che ha inciso sui costi per gli accordi quadro.

La norma prevede che per gli accordi quadro aggiudicati o efficaci al 29.3.2022 (data di entrata in vigore della legge di conversione) le stazioni appaltanti possono utilizzare, nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori dell’accordo quadro, le risultanze dei prezziari regionali che verranno aggiornati in base alle nuove linee guida che verranno amante dal MIMS.

Il comma 12 del medesimo art. 29, infatti, dispone l'adozione di apposite linee guida per la determinazione dei prezzari di cui all'art. 23, comma 7, d.lgs. 50/2016 e s.m.i., demandandone l’adozione da parte del MIMS entro il 30 aprile 2022.

Nelle more dell’adozione delle linee guida e, dunque, dell’aggiornamento dei prezziari in base alle stesse, il secondo periodo del comma 11-bis specifica che le stazioni appaltanti, sempre nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori previsti dall'accordo quadro, possono aumentare o ridurre le risultanze  dei  prezzari  regionali  utilizzati  ai  fini dell'aggiudicazione dell'accordo quadro utilizzando le rilevazioni semestrali effettuate dal MIMS ai fini della compensazione ordinaria prevista per i contratti pubblici di lavori dall’art. 29, comma 1, lett. b) del d.l. 4/2022.

A tal proposito è bene precisare che il comma 2 dell’art. 29 del d.l. 4/2022 prevede che il MIMS proceda a determinare con decreto le rilevazioni delle variazioni di prezzo dei materiali da costruzione maggiormente significativi. Tali decreti, secondo la stessa norma, sono adottati entro il 31 marzo e il 30 settembre di ogni anno.

Da ultimo, si segnala infine che in sede di conversione è stato altresì aggiunto il comma 13-bis all’art. 29 che adegua il termine dal quale è possibile sciogliere il Collegio consultivo tecnico (CCT) alla data del 30.6.2023. Il decreto Semplificazioni-bis (d.l. n. 77/2021), infatti, aveva prorogato già al 30.6.2023 le varie norme sull’applicazione del CCT dimenticando tuttavia di modificare tutti i commi e, in particolare, il comma 6 dell’art. 6 del d.l. 76/2020 in tema di scioglimento del CCT. L’art. 29 del decreto Sostegni-ter non fa altro che completare l’adeguamento di tutte le norme in tema alla data del 30.6.2023.

(d.l. 4/2022 convertito in l. 25/2022)


La sostenibilità dell'offerta: il caso dell'aumento dei costi dell'energia

La sostenibilità dell'offerta: il caso dell'aumento dei costi dell'energia

La sostenibilità dell'offerta: il caso dell'aumento dei costi dell'energiaCome accaduto nel caso dei materiali da costruzione – il cui aumento dei costi è stato mitigato dall’adozione di provvedimenti in forza dei quali le imprese hanno potuto presentare istanze di compensazione - anche il settore dell’energia elettrica si trova alle prese con un problema analogo (l’aumento dei costi dell’energia). Spetta dunque al legislatore mettere a punto misure per arginare gli effetti negativi degli aumenti dei costi dell’energia (che ricadono sulle imprese) – in tal senso deve leggersi la nota del Presidente dell’ANAC del 15.2.2022 (con cui il legislatore viene, appunto, invitato ad un intervento normativo risolutivo della questione).

Su tale argomento, una recentissima sentenza del TAR Molise si pronuncia sulla correttezza dell’operato di una stazione appaltante che, pur conscia degli aumenti dei costi dell’energia, si determinava ad imporre all’aggiudicatario la sottoscrizione di un contratto di appalto economicamente non più vantaggioso per quest’ultimo.

Durante le procedure di gara per l’aggiudicazione del servizio di fornitura di energia elettrica, l’operatore (poi risultato aggiudicatario) informava la stazione appaltante dell’eccessivo aumento dei costi dell’energia elettrica – comunicazione, questa, trasmessa all’amministrazione prima dell’espletamento della seconda fase dell’asta elettronica. Conseguenza del predetto aumento, secondo l’operatore, sarebbe stata l’insostenibilità economica del servizio di fornitura.

L’amministrazione, tuttavia, non dava alcun seguito a tale comunicazione, limitandosi a confermare l’aggiudicazione nelle more disposta (alle medesime condizioni già stabilite) e ad invitare l’aggiudicatario a trasmettere i documenti necessari alla stipula del contratto d’appalto. L’operatore, da parte sua, ribadiva l’insostenibilità economica alle condizioni proposte dalla committenza in quanto, in tal caso, non sarebbe stato rispettato il principio del c.d. “utile necessario”.

La stazione appaltante rimaneva, tuttavia, ferma sulle proprie posizioni ed invitava nuovamente l’aggiudicatario alla sottoscrizione del contratto. Ritenendo illegittimo l’operato dell’amministrazione l’aggiudicatario adiva il giudice amministrativo, censurando il fatto che la stazione appaltante non avesse tenuto nella dovuta considerazione gli aumenti dei costi dell’energia elettrica.

Secondo il Collegio, l’operato della committenza era contrario ad ogni elementare principio di buona amministrazione. Premesso che gli aumenti dei costi dell’energia elettrica non venivano contestati dalla stazione appaltante, l’amministrazione avrebbe dovuto (con proprio provvedimento) renderli meno gravosi per l’esecutore dell’appalto. Cosa che, nel caso di specie, non si verificava, in quanto l’amministrazione sosteneva, invece, essere sufficiente – per risolvere il problema – l’accettazione di offerte in aumento. È dunque evidente che, in realtà, il problema permaneva, sostanzialmente irrisolto.

Invero, poiché per costante giurisprudenza la valutazione della sostenibilità dell’offerta deve essere effettuata anche tenendo conto delle sopravvenienze di fatto, la stazione appaltante avrebbe dovuto verificare la fattibilità delle offerte presentate al momento dell’aggiudicazione, atteso che l’impossibilità di garantire l’esecuzione della fornitura per tutta la durata del contratto avrebbe comportato una soluzione di continuità del servizio medesimo.

Né veniva rispettato il principio dell’utile necessario: il rispetto del predetto principio avrebbe infatti dovuto comportare una verifica della sostenibilità dell’offerta tanto nel caso in cui essa sia in perdita ab initio, sia ove essa comporti per l’esecutore un utile minimo (ovvero nessun utile). Il ricorso veniva accolto – con annullamento del provvedimento di aggiudicazione, in quanto carente con riguardo alla valutazione della sostenibilità dell’offerta dell’aggiudicatario.

(TAR Molise Campobasso, Sez. I, 14.2.2022, n. 41)


La Legge europea 2019-2020: novità appalti pubblici per subappalto, termini di pagamento, nuovo art. 80, comma 4, sanità, energia e modifiche al codice civile

La Legge europea 2019-2020 prevede, tra le tante, novità nel settore degli appalti pubblici per subappalto, termini di pagamento, nuovo art. 80, comma 4, della sanità, dell’energia e prevede anche modifiche al codice civile.

La l. 23 dicembre 2021, n. 238 è  stata pubblicata il 17 gennaio in Gazzetta Ufficiale ed è entrata in vigore il 1 febbraio 2022.

La legge in questione ha lo scopo di adeguare il diritto nazionale al diritto europeo, risolvendo alcune delle criticità rilevate dalla Commissione Europea con diverse procedure di infrazione e attuando il contenuto di alcuni regolamenti, direttive e sentenze della Corte di Giustizia.

Il testo si compone di disposizioni aventi natura eterogenea e introduce una serie di novità in diversi settori.

Promozione della parità di trattamento dei lavoratori all’interno dell’UE

In tema di libera circolazione di persone, beni e servizi, gli articoli 1-13, intervenendo sul d.lgs. 206/2007, apportano modifiche per garantire il riconoscimento delle qualifiche e dei tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionale non più solo per i cittadini italiani ma anche per i cittadini degli altri Stati membri residenti in Italia, attuando altresì un sistema di cooperazione tra le autorità amministrative competenti dei vari Stati membri. Viene altresì espressamente attribuito all'Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali (UNAR) il compito di occuparsi della promozione della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, fondate anche sulla nazionalità, nei confronti dei lavoratori che esercitano il diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione europea. Si segnalano anche modifiche al codice della strada in relazione alle formalità necessarie per la circolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi immatricolati in uno Stato estero.

Subappalto nei contratti pubblici

Tra le procedure di infrazione a cui la legge risponde vi è anche la nota Procedura di infrazione n. 2018/2273 dalla Commissione europea sul tema dei contratti pubblici e, in particolare sull’istituto del subappalto.

Abrogata la terna dei subappaltatori; l’art. 10, comma 1, lett. d) abroga infatti il comma 6 dell’art. 105 del Codice. La terna dei subappaltatori scompare altresì dall’art. 174 del Codice che disciplina il subappalto nelle concessioni. Conseguentemente, si dispone l’abrogazione della disciplina transitoria relativa al subappalto, di cui all’art. 1, comma 18, del d.l. 32/2019, prorogata fino al 2023 anche dal recente decreto Semplificazioni bis (d.l. 77/2021).

Viene altresì modificato l’art. 80, commi 1 e 5, del Codice, per cui viene meno la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara, quando la causa di esclusione riguardi un suo subappaltatore proposto obbligatoriamente in sede di offerta.

Modifiche di non poco conto rilevano all’art. 105, comma 4, del Codice in tema dei requisiti per il rilascio dell’autorizzazione al subappalto.

Vengono infatti abrogate le lett. a) e d) del comma 4 dell’art. 105: “I soggetti affidatari dei contratti di cui  al  presente  codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i  servizi  o  le forniture  compresi  nel  contratto,  previa   autorizzazione   della stazione appaltante purchè:

  1. a) l'affidatario  del  subappalto  non  abbia  partecipato  alla procedura per l'affidamento dell'appalto;
  2. b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all’articolo 80;
  3. c) all'atto dell'offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e  le  forniture  o  parti  di  servizi  e forniture che si intende subappaltare;
  4. d) il concorrente dimostri l'assenza in capo  ai  subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80”.

Con l’abrogazione della lettera a) del comma 4 dell’art. 105 cade il divieto di subappalto in favore di un operatore che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto.

La norma, introdotta dal correttivo al codice del 2017, nasceva con l’intento di prevenire i possibili conflitti di interesse e turbative della gara mediante accordi potenzialmente fraudolenti tra diverse imprese interessate al medesimo appalto. Sul punto era poi sorto un dibattito giurisprudenziale circa la legittimità dell’esclusione dalla gara del soggetto che presenti un’offerta per partecipare alla gara e nel contempo venga indicato da altro concorrente come subappaltatore. La Commissione Europea aveva invece criticato la norma, tracciandola di introdurre una presunzione assoluta di conflitto di interessi, incompatibile con i principi di matrice comunitaria.

Accanto a ciò, viene altresì semplificato l’onere posto a carico del concorrente di indicare preventivamente l’assenza dei motivi di esclusione dell’art. 80 del Codice del proprio subappaltatore, stabilita dalla ormai abrogata lettera d) dell’art. 105, comma 4. Un’incombenza che rendeva la posizione dell’aspirante aggiudicatario ulteriormente gravosa.

La lett. b) dell’art. 105, viene modificata e spetta al subappaltatore, qualificato nella categoria d’interesse, la dimostrazione dei requisiti morali previsti dall’art. 80 del Codice.

Per simmetria, le modifiche riguardano anche il subappalto nelle concessioni, ossia l’art. 174 del Codice.

Le irregolarità fiscali come causa di esclusione dagli appalti pubblici

Altre novità di rilievo riguardano i motivi di esclusione di cui all’art. 80 e, in particolare, il comma 4, d.lgs. 50/2016, con ogni probabilità una delle norme che ha subito il maggior numero di modifiche negli ultimi tempi.

La norma prevedeva, fino a poco tempo fa, l’esclusione dell’operatore economico che avesse commesso delle gravi violazioni degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali e le stesse fossero state “definitivamente accertate”.

L’art. 8, comma 5, lett. b), del decreto Semplificazioni (d.l. 76/2020) aveva modificato la norma, prevedendo l’esclusione dell’operatore economico quando “la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione”.

Il comma 1, lett. c) dell’art. 10 della Legge europea 2019-2020 modifica il comma 4 dell’art. 80 specificando che in materia fiscale costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate quelle che saranno stabilite in un apposito decreto del MEF, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, che dovrà indicare limiti e condizioni per l’operatività della causa di esclusione relativa a violazioni non definitivamente accertate che, in ogni caso, deve essere correlata al valore dell’appalto, e comunque di importo non inferiore a 35.000 euro (valore massimo precedente era 5.000 euro).

Qui il testo del nuovo art. 80, comma 4, d.lgs. 50/2016 “Un operatore economico può essere escluso  dalla  partecipazione  a una procedura d'appalto se la stazione appaltante è a  conoscenza  e può  adeguatamente  dimostrare  che  lo  stesso  ha  commesso  gravi violazioni non definitivamente accertate agli  obblighi  relativi  al pagamento di imposte e tasse o contributi  previdenziali.  Per  gravi violazioni non definitivamente accertate in  materia  contributiva  e previdenziale  s'intendono  quelle  di   cui   al   quarto   periodo. Costituiscono  gravi  violazioni  non  definitivamente  accertate  in materia fiscale quelle stabilite da un apposito decreto del  Ministro dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  delle infrastrutture e della mobilità  sostenibili  e  previo  parere  del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del  Consiglio dei ministri, da emanare entro sessanta giorni dalla data di  entrata in vigore delle disposizioni di  cui  al  presente  periodo,  recante limiti e condizioni per  l'operatività  della  causa  di  esclusione relativa a violazioni non  definitivamente  accertate  che,  in  ogni caso, devono essere correlate al valore dell'appalto  e  comunque  di importo non inferiore a 35.000 euro”.

Affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria

Con particolare riferimento agli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria, questi vengono aperti a tutti i soggetti abilitati in base alla legge nazionale ad offrire simili servizi sul mercato. Accanto a ciò viene inserita all’art. 31, comma 8, d.lgs. 50/2016 la possibilità per il progettista di affidare a terzi attività di consulenza specialistica inerenti ai settori energetico, ambientale, acustico e ad altri settori non attinenti alle discipline dell’ingegneria e dell’architettura per i quali siano richieste apposite certificazioni o competenze, rimanendo ferma la responsabilità del progettista anche ai fini di tali attività.

La lettera b) del comma 1 dell’art. 10 introduce diverse modifiche anche all’art. 46 del Codice, che elenca gli operatori economici ammessi alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria. In particolare, viene introdotta la lett. d-bis) all’art. 46, comma 1, del Codice che, richiamando la pronuncia della Corte di giustizia UE dell'11 giugno 2020, C‑219/19 - che ha stabilito che il diritto nazionale non può vietare ad una fondazione senza scopo di lucro, che è abilitata ad offrire taluni servizi sul mercato nazionale, di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi -, permette a tutti soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura, nel rispetto dei principi di non discriminazione e par condicio fra i diversi soggetti abilitati, a partecipare alle gare in questione.

Termini di pagamento della PA nei contratti pubblici

In risposta ai rilievi che la Commissione europea ha promosso con la procedura di infrazione n. 2017/2090 alla disciplina nazionale riguardante i termini dei pagamenti effettuati dalle stazioni appaltanti in favore degli appaltatori, l’art. 10, comma 1, lett. e) incide sull’art. 113-bis del Codice dei contratti, in tema di pagamenti da parte delle committenti.

La direttiva 2011/7/UE prescrive, infatti, che il pagamento debba avvenire entro 30 giorni di calendario dalla data in cui tali adempimenti si compiono. Contrariamente a quanto previsto nella Direttiva, l’originaria formulazione dell’art. 113-bis consentiva la prassi per cui il pagamento poteva intervenire entro 30 giorni dal certificato di pagamento, a sua volta emesso entro 30 giorni dal certificato di collaudo.
La stessa Commissione con la procedura di infrazione n. 2017/2090 aveva sostenuto che “l’articolo 113-bis del D.Lgs. 50/2016 permette la prassi per cui il pagamento possa intervenire entro 30 giorni dal certificato di pagamento, a sua volta intervenuto entro 30 giorni dal collaudo”.

La Legge europea 2018 (legge n. 37/2019) aveva già riformulato l’art. 113-bis, prevedendo che all'esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dagli stessi, il responsabile unico del procedimento rilasciasse il certificato di pagamento ai fini dell'emissione della fattura da parte dell'appaltatore.

Con le attuali modifiche, che aggiungono i commi da 1-bis a 1-septies, l’art. 113-bis accelera ancora di più gli adempimenti prodromici al pagamento dell’appaltatore. Più precisamente, l’esecutore può comunicare alla stazione appaltante il raggiungimento delle condizioni contrattuali per l’adozione dei SAL, che il direttore dei lavori accerta “senza indugio” e per cui, contestualmente, adotta il SAL, salvo eventuali difformità. Il direttore dei lavori trasmette il SAL a RUP che emette contestualmente il certificato di pagamento o comunque entro sette giorni, previa verifica di regolarità contributiva. Il RUP dovrà così inviare il certificato alla stazione appaltante che procede al pagamento entro 30 giorni dall’adozione del SAL o dall’esito positivo del collaudo o della verifica di conformità.

Resta in ogni caso salvo l’eventuale diverso termine pattuito tra le parti - comunque non superiore a 60 giorni e purché la natura particolare del contratto o talune sue caratteristiche giustifichino tale termine più lungo - nonché l’art. 1666, comma 2, c.c. per cui il certificato di pagamento non costituisce presunzione di accettazione dell’opera.

Il nuovo regime sembra in verità ricalcare non solo quanto già previsto dal d.m. 49/2018 e dalle Linee guida ANAC n. 3, ma anche il regime dei pagamenti introdotto durante la fase emergenziale dall’art. 8, comma 4 del d.l. 76/2020 che come noto è applicabile ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto Semplificazioni 2020, restandone esclusi a titolo esemplificativo i lavori consegnati successivamente.

La misura emergenziale viene dunque resa stabile nell’impianto codicistico con la Legge europea 2019-2020.

Qui il nuovo testo dell’art. 113 bis del Codice, nella parte di interesse: “ 1. I pagamenti relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono effettuati nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. I certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi contestualmente all’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dall’adozione degli stessi.

1-bis. Fermi restando i compiti del direttore dei lavori, l’esecutore può comunicare alla stazione appaltante il raggiungimento delle condizioni contrattuali per l’adozione dello stato di avanzamento dei lavori.

1-ter. Ai sensi del comma 3 il direttore dei lavori accerta senza indugio il raggiungimento delle condizioni contrattuali e adotta lo stato di avanzamento dei lavori contestualmente all’esito positivo del suddetto accertamento ovvero contestualmente al ricevimento della comunicazione di cui al comma 1-bis, salvo quanto previsto dal comma 1-quater.

1-quater. In caso di difformità tra le valutazioni del direttore dei lavori e quelle dell’esecutore in merito al raggiungimento delle condizioni contrattuali, il direttore dei lavori, a seguito di tempestivo accertamento in contraddittorio con l’esecutore, procede all'archiviazione della comunicazione di cui al comma 1-bis ovvero all'adozione dello stato di avanzamento dei lavori.

1-quinquies. Il direttore dei lavori trasmette immediatamente lo stato di avanzamento dei lavori al RUP, il quale, ai sensi del comma 1, secondo periodo, emette il certificato di pagamento contestualmente all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori e, comunque, non oltre sette giorni dalla data della sua adozione, previa verifica della regolarità contributiva dell’esecutore e dei subappaltatori. Il RUP invia il certificato di pagamento alla stazione appaltante, la quale procede al pagamento ai sensi del comma 1, primo periodo.

1-sexies. L’esecutore può emettere fattura al momento dell’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. L’emissione della fattura da parte dell’esecutore non è subordinata al rilascio del certificato di pagamento da parte del RUP.

1-septies. Ogni certificato di pagamento emesso dal RUP è annotato nel registro di contabilità”.

Da quando si applicano tutte le nuove disposizioni in materia di appalti pubblici? È lo stesso art. 10 a specificarlo. In base al comma 5, infatti, le nuove disposizioni troveranno applicazione alle procedure dei bandi o degli avvisi di gara pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge, ossia dal 1 febbraio 2022, nonché, in caso di contratti senza  pubblicazione  di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data,  non  sono ancora  stati  inviati  gli  inviti  a  presentare  le  offerte  o  i preventivi.

Validità e rinnovo del permesso di soggiorno UE

Gli articoli 14-20 apportano modifiche in tema di validità e rinnovo del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, proroga del visto d'ingresso per i soggiorni di breve durata e rimpatri e in materia di inammissibilità delle domande di protezione internazionale.

Regime della cd. call-off stock

In tema di spazio di fiscalità, dogane e ravvicinamento delle legislazioni, gli articoli 21 – 23 introducono alcune disposizioni riguardanti il regime della cd. call-off stock (operazione con cui un soggetto passivo trasferisce beni della sua impresa da uno Stato Membro in un altro Stato Membro per venderli, dopo l’arrivo in tale Stato, a un acquirente già noto). Vengono poi introdotte alcune modifiche alle sanzioni per l’acquirente finale che introduce nel territorio dello Stato modiche quantità di beni contraffatti di provenienza extra-UE.

Modifiche del codice civile, redazione del bilancio di esercizio e consolidato

Gli articoli 24-28 modificano alcune disposizioni del codice civile in tema di redazione del bilancio di esercizio e consolidato. In particolare, il comma 1 dell’art. 24 stabilisce l'obbligo per le snc o le sas di redigere il bilancio secondo le norme previste per le società per azioni, nonché di redigere e pubblicare il bilancio consolidato come le imprese controllate (art. 26 d.lgs. 127/1991). Ciò, anche qualora i soci illimitatamente responsabili siano società di capitali soggette al diritto di un altro Stato membro dell’Unione europea oppure società soggette al diritto di un altro Stato ma assimilabili giuridicamente alle srl disciplinate dal diritto di uno Stato membro. L’art. 26 invece, modifica la disciplina delle sanzioni penali in caso di abusi di mercato.

Sanità e vendita telematica di medicinali

Gli articoli 29-33 introducono alcune norme sulla vendita telematica di medicinali veterinari, biocidi e cosmetici, per contrastare la vendita illecita e implementare i meccanismi di controllo. Viene altresì modificata la disciplina relativa all’obbligo, per ogni struttura sanitaria privata di cura, di dotarsi di un direttore sanitario. La novella concerne il profilo dell'ordine professionale territoriale di appartenenza, consentendo che il direttore sanitario sia iscritto anche ad un ordine territoriale diverso da quello competente per il luogo in cui la struttura abbia la sede operativa e disciplinando la nuova possibile fattispecie.

Protezione dei consumatori

Gli artt. 35-37 introducono una serie di disposizioni in materia di obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra prodotte durante il ciclo di vita dei carburanti e in tema di sistema europeo per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra e apportano modifiche al codice del consumo.

Energia

L’art. 38 incide sul d.lgs. 28/2011 (c.d. decreto rinnovabili) e, in particolare, sul calcolo da utilizzare per la determinazione di energia prodotta dai biocarburanti e dai bioliquidi.

PNRR

Completano la legge alcune disposizioni riferite all’attuazione del PNRR: l’art. 43 ha difatti previsto una costante attività di monitoraggio parlamentare sull’attuazione del PNRR. Il Governo dovrà così trasmette alle Camere, su base semestrale, relazioni periodiche sullo stato di avanzamento dell’attuazione del programma di riforme e investimenti contenuti nel Piano.

LEGGE 23 dicembre 2021, n. 238 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020

 


Le riserve su maggiori oneri per aumento costi e la revisione dei prezzi: la Cassazione fa il punto.

Le riserve su maggiori oneri per aumento costi e la revisione dei prezzi: la Cassazione fa il punto.

Le riserve su maggiori oneri per aumento costi e la revisione dei prezzi: la Cassazione fa il punto.Una recente ordinanza della Cassazione offre spunti interessanti in materia di richiesta di maggiori oneri per aumento costi materiali da costruzione, revisione dei prezzi, condizione di procedibilità della risoluzione in via amministrativa e rapporto tra risoluzione del contratto per inadempimento e istituto delle riserve.

In estrema sintesi, questi i fatti che hanno condotto al pronunciamento della Suprema Corte. In un appalto avente ad oggetto il restauro di un immobile di proprietà della committenza, accadeva che l’amministrazione disponeva la sospensione dei lavori già il medesimo giorno della consegna degli stessi –in quanto non era in possesso della concessione edilizia richiesta, l’edificio da restaurare era infatti occupato da materiale da sgomberare.

I lavori seguivano un andamento anomalo – a fronte del quale l’appaltatore iscriveva riserve per un ammontare pari a 600 milioni di lire (cifra pari alla metà del valore complessivo dell’appalto), riserve su cui il direttore dei lavori rimandava ogni decisione al momento del collaudo.

All’ennesima sospensione l’appaltatore rifiutava di riprendere i lavori se la committenza non avesse proceduto alla revisione dei prezzi per le opere ancora da realizzare (ciò in ragione del mutato quadro economico, diverso rispetto a quello esistente al momento della stipula del contratto). In tale circostanza, l’amministrazione si determinava a rivedere i prezzi solo per alcune lavorazioni (dichiarando che per l’esecuzione delle lavorazioni non toccate dalla revisione predetta avrebbe provveduto con distinti contratti).

Sicché, l’esecutore ribadiva la propria intenzione di non riprendere i lavori in assenza di una complessiva revisione dei prezzi (in assenza della quale avrebbe domandato la risoluzione del contratto): in tale circostanza, l’amministrazione disponeva, con proprio ordine di servizio, che venissero ripresi i lavori.

Nonostante la situazione apparisse irrisolvibile, le parti si accordavano per una revisione di tutti i prezzi delle opere ancora da eseguire: l’appaltatore evidenziava, però, l’impossibilità di riprendere i lavori alla data stabilita dall’amministrazione – essendo necessarie una rimodulazione del cantiere e l’approvazione dell’accordo da parte del preposto ente.

Nel quadro così delineato, a fronte del rifiuto dell’impresa a riprendere i lavori, la committenza deliberava la risoluzione del contratto in danno dell’appaltatore e incamerava la relativa cauzione. Avverso tale determinazione e per ottenere le maggiori somme che riteneva gli spettassero in ragione delle riserve iscritte, l’appaltatore agiva in giudizio.

La condizione di procedibilità della risoluzione in via amministrativa.

In Cassazione, la committente ha evidenziato che la domanda avanzata dall’appaltatore (di risoluzione del contratto per inadempimento della committente e di riconoscimento delle domande di cui alle riserve) era improcedibile poiché l’impresa non aveva attivato la procedura di risoluzione amministrativa di cui all’art. 23 del R.D. 350/1895.

Il contratto di appalto di cui si discute era stato sottoscritto nel novembre 1994 e tale dato rileva ai fini della individuazione della legge applicabile.

L’art. 42 del d.P.R. 1063/1962 stabiliva che al sorgere di contestazioni tra DL e appaltatore si dovesse procedere alla risoluzione in via amministrativa e che le domande e reclami dell’impresa dovevano essere iscritti nei documenti contabili nei termini e nelle forme delle riserve.

A norma dell’art. 109, R.D. 350/1895, l'Amministrazione doveva provvedere su tali domande (riserve) contestualmente all'approvazione del collaudo, cosicché, di regola (art. 47, d.P.R. 1063/1962), solo dopo detta approvazione poteva essere proposta l'azione giudiziaria (o l'arbitrato), costituendo detta approvazione e la correlata soluzione in via amministrativa delle contestazioni insorte con l'apposizione delle riserve, una condizione di procedibilità.

In sostanza, condizioni di proponibilità dell'azione, dinanzi agli arbitri o al giudice, erano la previa risoluzione in via amministrativa delle contestazioni tra DL e appaltatore e la previa approvazione del collaudo.

Tale duplice condizione è stata però temperata dalla giurisprudenza della Suprema Corte.

Infatti la giurisprudenza di legittimità ha cercato di temperare l'urgente esigenza di pronta definizione della controversie con i tempi di attesa del collaudo, ritenendo che le deroghe al principio della necessità del preventivo collaudo, non dovessero considerarsi tassative e che la causa di temporanea improcedibilità della domanda non è operativa in presenza di qualunque fatto o circostanza che renda inutile il collaudo o, a più forte ragione, quando il collaudo non possa essere eseguito, come nell'ipotesi in cui entrambe le parti avessero manifestato la volontà di non proseguire il rapporto attraverso contrapposte domande di risoluzione per colpa dell'altra parte, incompatibile con l'esigenza del collaudo, che presuppone l'ultimazione dell'opera (Cass. 4228/1983; Cass. 4726/1995; Cass. 8532/2000) ovvero in cui la P.A. avesse manifestato una volontà di interrompere o risolvere il rapporto nell'ambito del quale le prestazioni sono state o devono essere effettuate (Cass. 659/2000).

In altri termini, se viene meno la possibilità di definire immediatamente la controversia in via amministrativa, deve essere riconosciuta la possibilità di agire in giudizio. Ciò a maggior ragione se si discuta di risoluzione contrattuale per inadempimento.

Di conseguenza la Corte ritiene questo motivo infondato.

Va naturalmente rilevato che solo nel 1995 con le modifiche apportate alla legge Merloni si è ribaltata la regola generale di rinviare al collaudo la decisione in via amministrativa sulle controversie ed è stata affermata quale condizione di procedibilità la necessità di espletare una fase amministrativa o in mancanza al decorso dei termini previsti.

Art. 32, l. 1094/1994 vigente al 6.3.1994 “Qualora insorgano controversie relative ai lavori pubblici le pari ne danno comunicazione al responsabile del procedimento che propone una   conciliazione per l'immediata soluzione della controversia medesima.  2. Qualora le parti non raggiungano un accordo entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, la soluzione è attribuita al giudice competente.”

Con riguardo poi alla specifica questione della tempestiva iscrizione delle riserve e della necessità di un preventivo esperimento delle determinazioni amministrative sulle riserve la Cassazione ha da sempre ritenuto che l'onere di iscrivere tempestiva riserva nel registro di contabilità, previsto dal R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54, si riferisce in via generale ad ogni pretesa dell'appaltatore insorta nel corso dell'esecuzione dell'opera appaltata, restando escluse quelle pretese attinenti all'esistenza stessa del contratto, cosicché, ogni qualvolta si faccia questione d'invalidità del contratto o dei modi della sua estinzione, quale è appunto la risoluzione per inadempimento, la relativa domanda, arbitrale o giudiziaria, non è soggetta alla decadenza prevista per l'inosservanza dell'onere della riserva.

Nella fattispecie, la Corte d'appello aveva correttamente rilevato, ai fini della ritenuta procedibilità della domanda, che la committente aveva risolto il contratto di appalto, dovendo escludersi una volontà di prosecuzione del rapporto, e che le pretese dell'appaltatore, oggetto di riserve iscritte, esulavano dall'ambito tipico dell'art.42 del Capitolato generale (attinente alle sole contestazioni tra appaltatrice e direttore dei lavori insorte nel corso dell'esecuzione dei lavori), e potevano ben essere definite in sede giudiziale, ben prima dell'approvazione del collaudo e quindi anteriormente alla decisione in via amministrativa sulle riserve iscritte che comunque attengono a un rapporto contrattuale ancora valido e in essere.

L’eccezione di decadenza dalle riserve.

La committente aveva eccepito la decadenza per tardività delle riserve.

La Cassazione, ritenendo il motivo infondato, fa presente che la questione neppure deve porsi poiché come già detto la riserva presuppone un contratto valido ed efficace mentre nel caso di specie discutendosi di risoluzione del contratto le pretese dell’appaltatore (pure iscritte nelle riserve) non vanno valutate in relazione alla disciplina delle riserve, ma seguono i principi di cui agli artt. 1453 e 1458 c.c..

La revisione dei prezzi e la richiesta di maggiori oneri per aumento costi.

Come anticipato, l’appaltatore ha chiesto, e ottenuto, il riconoscimento di tutti i maggiori oneri sostenuti per l'aumento dei prezzi.

La committente evidenzia in Cassazione che la revisione dei prezzi è stata abrogata dalla 1. 359/1993 e dalla l. 109/1994, che il prezzo pattuito in contratto era fisso ed inderogabile e che erroneamente la revisione è stata applicata all'intero importo delle opere eseguite sino al momento dello scioglimento unilaterale del rapporto da parte dalla committente, laddove non erano soggetto ad aggiornamento o revisione dei prezzi i lavori eseguiti entro il termine di ultimazione pattuito (540 gg) e nell'anno successivo.

Ad avviso della Cassazione anche tale motivo è da rigettarsi poiché la richiesta di maggiori oneri per aumento costi è la conseguenza dei ritardi imputabili alla committente e pertanto indipendente dal meccanismo di revisione dei prezzi; in sostanza, stante l'esplicita qualificazione della domanda come risarcitoria si deve escludere che l'appaltatrice abbia agito per la revisione dei prezzi.

A questo proposito, si richiama la pronuncia della Cass. SU, n. 5951/2008 secondo cui “in materia di appalto di opere pubbliche, la revisione legale dei prezzi presuppone la mancanza di colpa da parte dell'Amministrazione, mentre se vi è colpa di quest'ultima e, quindi, risultano ad essa addebitabili fatti per effetto dei quali la ritardata esecuzione dei lavori sia venuta a coincidere con un periodo di prezzi crescenti, gli aumenti subiti dall'appaltatore per fatto della committente restano al di fuori della disciplina della revisione anzidetta e dell'applicazione dello speciale procedimento predisposto per i computi revisionali, onde l'appaltatore stesso ha diritto di venire pienamente reintegrato di tutti i maggiori oneri sopportati (e che non avrebbe sopportato mediante un'esecuzione tempestiva), qualunque possa essere stata l'entità dell'aumento, senza alcuna detrazione di alea e senza alcuna pregiudiziale circa l'entità delle ripercussioni di tali maggiori oneri sul complessivo costo dell'opera”.

(Cass. civ., Sez. I, Ord. 3.12.2021, n. 38188)


Incertezza dell’offerta e dichiarazione non veritiera: esclusione dalla gara per mancata disponibilità di un materiale “essenziale”.

Incertezza dell’offerta e dichiarazione non veritiera: esclusione dalla gara per mancata disponibilità di un materiale “essenziale”.

Incertezza dell’offerta e dichiarazione non veritiera: esclusione dalla gara per mancata disponibilità di un materiale “essenziale”.Come deve essere considerata l’offerta che presenti profili di incertezza su uno degli elementi essenziali dell’opera da realizzare e in relazione alla quale il concorrente abbia reso una dichiarazione non veritiera? Sul punto, si è pronunciato di recente il TAR Napoli.

Il caso riguarda una gara d’appalto per il “recupero e la sistemazione di una scogliera marina”, la cui aggiudicazione è stata impugnata dal secondo classificato, ritenendo che il concorrente aggiudicatario avesse “reso una dichiarazione falsa o non veritiera in ordine ad un elemento essenziale e dirimente dell’offerta tecnica formulata in gara”.

Il ricorso principale sollevava criticità in ordine a un elemento essenziale dell’offerta, ossia la materia prima utile a realizzare l’opera. In relazione ad essa, il disciplinare di gara al punto 19.2 prevedeva che fossero attribuiti fino a un massimo di 20 punti per la “qualità mineralogica e meccanica dei materiali” e stabiliva quali elementi preferenziali “l’adozione di sistemi con filiera corta” e “l’approvvigionamento complessivo da una sola cava”. L’aggiudicatario aveva presentato un’offerta in cui individuava come sito di recupero della materia prima una cava non molto distante dall’area di costruzione e per tale ragione aveva conseguito ben 16 punti; la distanza minima dalla cava infatti consentiva di abbattere notevolmente i costi di trasporto e pertanto era stato positivamente valutato dalla stazione appaltante.

Il ricorrente evidenziava che l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso per mancata disponibilità del materiale (pietra) offerto per realizzare l’opera.

Il concorrente infatti aveva dichiarato di avvalersi di pietre giacenti in una cava dismessa che tuttavia ricadeva nell’area protetta dell’Ente Parco Vesuvio; in ragione di tale vincolo non era possibile procedere a nuove estrazioni di pietra.

L’art. 39, comma 5, del Piano del Parco prevedeva infatti sì la commercializzazione di suddetta materia prima ma non per le finalità come quella di specie, ossia gare pubbliche.

Stante la palese indisponibilità del materiale offerto, inoltre la dichiarazione resa al riguardo dall’aggiudicatario non risultava corrispondente al vero.

Contestualmente l’aggiudicatario ha proposto ricorso incidentale, lamentando vizi dell’offerta e l’assenza di firma digitale del secondo; in particolare segnalava una presunta anomalia nell’offerta del ricorrente principale, nonché secondo classificato, circa l’indicazione di un’area per il carico e lo scarico del materiale.

Secondo l’aggiudicatario il punto individuato per queste attività ricadrebbe all’interno del sito demaniale del Porto di Torre Annunziata, e quindi per questa ragione non potrebbe essere impiegato per operazioni di carico e scarico del materiale di imprese private.

Il TAR, al riguardo, avverte che la presunta incongruenza non sussiste, in quanto l’area indicata risulta essere al di fuori del sito demaniale, dunque privata e pertanto liberamente utilizzabile dal concorrente. Per di più si tratta comunque di un aspetto marginale e non essenziale, al contrario di quello su cui persistono le criticità dell’offerta del primo classificato, ovvero la disponibilità del materiale.

Non solo, l’idoneità dell’offerta del secondo classificato non viene scalfita neppure dalla ulteriore questione sollevata dal ricorrente in via incidentale, relativa alla firma digitale. Sebbene questa effettivamente sia assente nell’offerta, è stato rilevato che tale circostanza non inficia la provenienza e l’attribuzione del documento, in quanto firmato di pugno.

Ai fini dell’individuazione dell’identità del professionista firmatario, la sigla manuale apposta è parificata nel suo valore alla firma digitale. In ogni caso se anche la firma digitale fosse stata espressamente richiesta, qualora mancante, avrebbe potuto essere integrata successivamente con ricorso al soccorso istruttorio, senza costituire motivo di esclusione per il candidato.

Venuti meno i presupposti per caducare l’offerta presentata dal secondo classificato, che risulta essere immune da vizi ad avviso del TAR, resta da esaminare il ricorso principale.

Con la sentenza in commento, il TAR ha dichiarato nulla l’offerta dell’aggiudicatario, poiché incerta nella parte relativa ad un elemento essenziale, quale il materiale di costruzione, giacché non nella disponibilità del concorrente.

Questo profilo di incertezza dell’offerta è già di per sé causa di esclusione dalla gara da un punto di vista sostanziale.

In via ulteriore, avendo reso una dichiarazione non corrispondente al vero, l’esclusione del primo classificato viene disposta anche ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera f-bis) d.lgs. 50/2016 secondo cui si ha esclusione per “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.

(TAR Campania Napoli, Sez. I, 3/1/2022, n. 43)


Appalti pubblici: le novità del 2022.

Appalti pubblici: le novità del 2022.

Appalti pubblici: le novità del 2022. L’anno appena trascorso si è concluso con l’introduzione di alcune importanti novità del settore degli appalti pubblici.

1. Compensi dei componenti del Collegio Consultivo Tecnico

Iniziamo dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, di conversione del d.l. 6 novembre 2021, n. 152, recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

In particolare, l’art. 6-quater apporta delle modifiche all’art. 6, comma 7 del d.l. 76/2020 che disciplina il Collegio Consultivo Tecnico, imponendo delle soglie massime per i compensi dei membri del collegio, espresse in percentuali in relazione al valore dell’appalto. Nella sua precedente formulazione, infatti, l’art. 6, comma 7 prevedeva che “i componenti hanno diritto a un compenso a carico delle parti e proporzionato al valore dell’opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni”. La norma risolve così le difficoltà che erano state riscontrate negli operatori nello stabilire l’onorario dei singoli componenti del CCT.

Dopo il comma 7 è inserito il comma 7 -bis secondo il quale "In ogni caso, i compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico, determinati ai sensi del comma 7, non possono  complessivamente superare: a) in caso di collegio consultivo tecnico composto da tre componenti, l’importo corrispondente allo 0,5 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro; tale percentuale è ridotta allo 0,25 per cento per la parte eccedente i 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro e allo 0,15 per cento per la parte eccedente i 100 milioni di euro; b) in caso di collegio consultivo tecnico composto da cinque  componenti, l’importo corrispondente allo 0,8 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro; tale percentuale è ridotta allo 0,4 per cento per la parte eccedente i 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro e allo 0,25 per cento per la parte eccedente i 100 milioni di euro”.

2. Linee guida art. 47 decreto Semplificazioni bis

Con il decreto 7 dicembre 2021, pubblicato in G.U. il 30 dicembre 2021 sono state invece adottate le note Linee guida di attuazione dell’art.  47 del d.l. 77/2021, che ha introdotto una serie di disposizioni volte a favorire le pari opportunità di genere e generazionali, nonché' l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità nelle procedure ad evidenza pubblica finanziate, in tutto o in parte, con le risorse del PNRR.

Con l’introduzione dell’art. 47, infatti, il legislatore ha incluso il tema della parità di genere e generazionale non solo nell’ambito delle politiche sociali, ma lo ha reso funzionale all’ottenimento delle risorse economiche previste dal PNRR e dal PNC.

A tal fine, il comma 8 dell’art. 47 aveva affidato a specifiche linee guida (da adottarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto) la definizione delle modalità e dei criteri applicativi delle disposizioni di cui allo stesso articolo, con l'indicazione di misure premiali e modelli di clausole da inserire nei bandi di gara differenziati per settore, tipologia e natura del contratto o del progetto.

Sebbene giunte in ritardo, le Linee guida appena pubblicate costituiscono un importante tassello per la redazione dei futuri bandi di gara, nonché per gli aspetti premiali che gli operatori economici potranno conseguire.

3. Compensazione prezzi aumento costi materiali da costruzione: entro il 31 marzo altro decreto.

La legge di bilancio 2022 interviene invece sul noto tema delle compensazioni per aumento prezzi. Più precisamente, i commi 398 e 399 dell’art. 1 prevedono che la compensazione prevista all'art. 1-septies del d.l. 73/2021 non sia più riferita al primo semestre del 2021, ma a tutto l’anno 2021.

Per far fronte alla suddetta estensione, il Fondo compensazioni è stato ampliato per ulteriori 100 milioni di euro per il 2022.

Le rilevazioni dei prezzi per tutto l’anno saranno rilevate dal MIMS entro il 31 marzo 2022 che, con proprio decreto, indicherà le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8%, verificatesi dell'anno 2021.

Di conseguenza, cambia anche il periodo entro il quale le lavorazioni per cui si richiede la compensazione devono essere state contabilizzate o allibrate, che diviene così dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021.

Non risultano cambiate, invece, le regole procedimentali per accedere alla compensazione, sicché resta ferma la possibilità di presentare istanza di compensazione alle stazioni appaltanti entro 15 giorni dalla pubblicazione del nuovo decreto variazioni.

4. Il subappalto.

Con atto di indirizzo del 4 gennaio 2022, il MIMS ha precisato alcune delle disposizioni riferite al subappalto, modificate con il recente decreto Semplificazioni bis (d.l. 77/2021).

In estrema sintesi, il MIMS impone alle proprie stazioni appaltanti di vigilare sull’applicazione del comma 16 dell’art. 105 del Codice dei contratti pubblici in materia di “Durc di Congruità” (e relativo decreto MLPS n. 143/2021) e del comma 14 dell’art. 105 in relazione alla parità di trattamento economico e normativo, nonché all’applicazione dei medesimi CCNL sia per l’appaltatore che per il subappaltatore.

Il rispetto delle disposizioni citate permea non solo la fase dell’esecuzione, ma diviene parte integrante anche della determina a contrarre e dei documenti di gara, per cui il rispetto della stessa diviene “condizione essenziale per l’esecuzione del contratto”.

5. Appalto sul preliminare.

Il MIMS è poi intervenuto con il parere n. 1058/2021 fornendo dei chiarimenti sulle Linee guida del PFTE, ossia sull’applicazione delle Linee guida per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del PNRR e del PNC, adottate come previsto dall’art. 48, comma 7 del d.l. 77/2021.

Più precisamente, il MIMS ha specificato che l’organo consultivo a cui le stesse Linee guida demandano il compimento della verifica preventiva di primo livello è lo stesso CSLP e che la verifica preventiva di primo livello di cui si parla nelle Linee guida rappresenta un meccanismo per facilitare l’esame dei membri esperti del CSLP ed è finalizzata a verificare “preventivamente”, quindi prima dell’esame di merito, quanto indicato nei sette punti elencati nella Linea guida. La predetta verifica non deve tuttavia essere confusa con la verifica eseguita ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. 50/2016, ossia la verifica preventiva della progettazione, che deve comunque essere svolta in una fase successiva.

Il settore degli appalti sembra tuttavia destinato ad essere toccato da altre importanti riforme.

All’orizzonte, infatti, si intravede l’imminente pubblicazione della Legge Europea 2019-2020, che tenta di risolvere la nota Procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nel 2018 sul tema del subappalto, e non solo.

L’attesa è anche per il c.d. d.d.l. Concorrenza, che dovrebbe implementare nel nostro ordinamento le politiche europee in materia di concorrenza e apertura del mercato, toccando, sebbene in via parziale, anche il settore degli appalti.

Da ultimo, ma evidentemente non per importanza, il nuovo Codice dei contratti pubblici. Nell’estate del 2021, infatti, in attuazione del PNRR, il Parlamento ha conferito al Governo una delega per il riordino della materia degli appalti mediante la predisposizione di un nuovo codice. Che il 2022 passi alla storia per aver dato alla luce il terzo codice degli appalti? Non ci resta che aspettare.

 


Le riserve su maggiori oneri per aumento costi e la revisione dei prezzi: la Cassazione fa il punto.

Istanza compensazione prezzi per aumento costi materiali da costruzione: il punto sul decreto e sulla circolare ministeriale.

Istanza compensazione prezzi per aumento costi materiali da costruzione: il punto sul decreto e sulla circolare ministeriale.L’istanza di compensazione prezzi per aumento costi materiali da costruzione negli appalti pubblici, di cui al decreto Sostegni BIS, al decreto MIMS del 23.11.2021 e alla recentissima circolare ministeriale del 25.11.2021 è un tema caldo, sentito e caro agli operatori, in ragione di tanto è opportuno fare il punto.

Il giorno 23.11.2021 è stato pubblicato infatti in Gazzetta Ufficiale il decreto contenente le variazioni dei prezzi dei principali materiali da costruzione da cui decorrono i noti 15 giorni entro cui inoltrare, a pena di decadenza, l’istanza di compensazione alla committenza.

Del meccanismo della compensazione disciplinato dall’art. 1-septies del decreto Sostegni bis abbiamo già parlato nelle nostre precedenti news.

Nella serata di ieri è stata pubblicata invece una Circolare del MIMS (clicca qui per scaricare) contenente le modalità operative per il calcolo e il pagamento della compensazione richiesta dalle imprese, utile anche a comprendere lato committenti come operare le compensazioni.

Vediamo i principali contenuti della Circolare.

In primo luogo, la circolare chiarisce il contenuto dell’istanza, che deve contenere l’indicazione dei materiali da costruzione utilizzati nell’esecuzione dell’appalto e per i quali, con il decreto variazioni del MIMS pubblicato il 23.11.2021, sono state rilevate le variazioni dei prezzi.

A tal fine, si ricorda che il decreto di istituzione del Fondo compensazioni, pubblicato in Gazzetta il 28.10.2021 (ne abbiamo parlato qui), prevede che l’istanza debba contenere anche la documentazione giustificativa prodotta dall’impresa.

La Circolare chiarisce altresì i compiti del RUP e del Direttore dei lavori.

Il Direttore dei lavori deve accertare le quantità di ciascun materiale contabilizzate a cui applicare la variazione di prezzo unitario, sia per le opere contabilizzate a misura che per quelle contabilizzate a corpo, e provvedere a determinare l'ammontare della compensazione. Il Direttore dei lavori calcola così la maggiore onerosità subita dall’appaltatore, effettua i conteggi relativi alle compensazioni e li presenta alla stazione appaltante.

Al RUP, invece, spetta il compito di convalidare i conteggi effettuati dal Direttore dei lavori e di verificare la disponibilità di somme nel quadro economico di ogni singolo intervento ai fini della compensazione dei prezzi, nonché, ove occorra, a richiedere alla stazione appaltante l’utilizzo di ulteriori somme.

Si ricorda che il decreto Sostegni BIS prevede che a farsi carico della compensazione sono in prima battuta le stazioni appaltanti, nella misura del 50% delle risorse accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento. La stazione appaltante potrà altresì impiegare le ulteriori somme derivanti da ribassi d’aste o che sono residuali rispetto ad altri interventi condotti e già ultimati, per i quali sia stato eseguito già il collaudo e siano stati rilasciati i prescritti certificati di regolare esecuzione.

Solo ove tale limite sia stato raggiunto, si procede alla compensazione facendo uso delle somme del c.d. Fondo per l’adeguamento dei prezzi, il cui ammontare è fissato a 100 milioni di euro.

Infine è il RUP o il dirigente all’uopo preposto che provvede ad effettuare il relativo pagamento.

Quanto alle modalità di funzionamento del meccanismo compensativo, la Circolare chiarisce quanto era già stato specificato dal decreto Sostegni BIS: la compensazione è determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021, le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate con decreto pubblicato il 23.11.2021, con riferimento alla data dell’offerta.

A tal fine, è necessario aver eseguito e contabilizzato, o comunque annotato nel libretto delle misure le quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni nel periodo intercorrente tra il 1 gennaio 2021 e il 30 giugno 2021, per i quali sono stati subiti gli aumenti.

In particolare, poi, per le offerte presentate nel 2020, la compensazione potrà essere ottenuta solo per le variazioni che superano l’8%. In tal caso le variazioni sono quelle indicate nell’Allegato 1 del decreto pubblicato in data 23.11.2021. La circolare riporta anche degli esempi, qui uno stralcio.

Per le offerte presentate tra il 2003 e il 2019, invece, potrà essere ottenuta la compensazione solo per le variazioni che superano il 10% complessivo e indicate nell’Allegato 2 del decreto pubblicato in data 23.11.2021. La circolare riporta anche degli esempi, qui uno stralcio.

Alle eventuali compensazioni, inoltre, non sembrerebbe applicarsi l'istituto delle riserve.

Infine, la Circolare chiarisce il contenuto del comma 2 dell’art. 1-septies, per cui le compensazioni sono determinate al netto delle compensazioni eventualmente già riconosciute o liquidate in relazione al primo semestre dell’anno 2021.

Si ricorda che il termine di 15 giorni per presentare le istanze di compensazione prezzi scade il giorno 8 dicembre 2021. Oltre tale data non sarà più possibile richiedere la suddetta compensazione, per cui è importante evitare di incorrere in errori nella redazione dell’istanza, pena il rigetto della domanda.

Il nostro Team è a disposizione per fornire adeguato supporto agli operatori economici.

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Legge regionale Puglia 132001, art. 23, comma 2 la Corte costituzionale sull'efficacia di riserve condizionata a costituzione cauzione.

Legge regionale Puglia 13/2001, art. 23, comma 2: la Corte costituzionale sull'efficacia di riserve condizionata a costituzione cauzione.

Legge regionale Puglia 132001, art. 23, comma 2 la Corte costituzionale sull'efficacia di riserve condizionata a costituzione cauzione.Interpellata dalla Corte di cassazione, la Corte costituzionale si è espressa sulla questione di legittimità dell’efficacia delle riserve condizionata alla costituzione di una cauzione prevista dall’art. 23, comma 2, legge Regione Puglia n. 13/2001, come anticipato in questa news.

In particolare, secondo la norma regionale: “Qualora, a seguito dell’iscrizione delle riserve da parte dell’impresa sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera variasse in aumento rispetto all’importo contrattuale, l’impresa è tenuta alla costituzione di un deposito cauzionale a favore dell’Amministrazione pari allo 0,5% dell’importo del maggior costo presunto. (…) Tale deposito deve essere effettuato (…) entro quindici giorni dall’apposizione delle riserve. Decorso tale termine senza il deposito delle somme suddette, l’impresa decade dal diritto di far valere, in qualunque termine e modo, le riserve iscritte sui documenti contabili”.

La questione è stata dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza tuttavia non mancano aspetti di rilievo che vale la pena evidenziare.

Innanzitutto, per comprendere il motivo della inammissibilità, occorre rammentare che il contratto di appalto da cui ha avuto origine il giudizio aveva ad oggetto la realizzazione di un edificio da adibire a caserma dei Carabinieri.

Ad avviso della Consulta, la legge Regione Puglia n. 13/2001 non è applicabile – per espressa previsione del suo art. 1 - ai contratti di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici su beni destinati allo svolgimento di compiti e funzioni spettanti allo Stato (per tale ragione, le caserme dei carabinieri – classificate come opere di difesa militare, oltre che preposte al mantenimento dell’ordine pubblico – sono soggette alla disciplina esclusiva della legge statale).

In secondo luogo, la questione è inammissibile per una errata interpretazione dell’art. 27, comma 3, della legge regionale Puglia 13/2001 in relazione alle procedure in corso di esecuzione che fanno riferimento a contratti di appalto stipulati prima dell’entrata in vigore della legge regionale. Il caso di specie è proprio questo, contratto di appalto stipulato nel 1999.

L’art. 27, comma 3, citato se, da un lato, prevede l’adeguamento delle procedure in fase esecutiva alle disposizioni della legge stessa, dall’altro statuisce che il medesimo adeguamento è ammissibile solo laddove da esso non derivino alterazioni delle condizioni contrattuali pattuite tra impresa e committente.

La Consulta chiarisce che l’onere di riserva per sua natura investe tutte le pretese di carattere economico che l’esecutore intenda far valere nei confronti dell’amministrazione committente e quindi ricomprende anche spettanze relative a inadempimenti della controparte.

Subordinare l’apposizione di riserva alla prestazione di una cauzione, con un termine di decadenza di quindici giorni, tende a impedire che l’appaltatore possa pretendere (legittimamente) l’esatta esecuzione dell’originario sinallagma o che possa adeguare il medesimo alle sopravvenienze intervenute e ciò implica una chiara alterazione delle condizioni contrattuali.

Inoltre, si aggiunge, la prestazione di una cauzione, sebbene costituisca un onere, determina in ogni caso un aggravio delle condizioni contrattuali originariamente pattuite e, quindi, una modifica del sinallagma contrattuale inizialmente concordato tra le parti.

In accordo con quanto evidenziato dalla Corte di cassazione, Sez. I, 13.2.2019, n. 4259, la Consulta afferma in conclusione che l’art. 27, comma 3, legge Regione Puglia 13/2001 incide sui rapporti contrattuali in corso e quindi non è applicabile ai contratti sottoscritti prima della sua entrata in vigore.

(Corte Cost., 5.11.2021, n. 211 )