Fondazioni caratteristiche imprenditoriali cultura

Le “caratteristiche imprenditoriali” delle fondazioni e i contributi PON per il “Terzo settore nell’industria culturale”

Fondazioni caratteristiche imprenditoriali culturaLe fondazioni possono avere “caratteristiche imprenditoriali” e non è corretto desumere in astratto, dall’appartenenza all’una o all’altra categoria di ente del Terzo settore, la rispondenza o meno ai requisiti del PON “Cultura e Sviluppo”.

Ha concluso in tal senso il TAR Lazio in una recente sentenza su un ricorso promosso dal Fondo Ambiente Italiano (FAI), ritenendo illegittima l’esclusione delle fondazioni senza scopo di lucro dal novero delle categorie dei soggetti del Terzo settore  che potevano presentare domanda di ammissione ai contributi a fondo perduto a favore di soggetti del Terzo settore che svolgono attività nella “filiera culturale e creativa” in attuazione " del Programma Operativo Nazionale (PON) “Cultura e Sviluppo” con il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) - Asse II per il periodo 2014-2020.

Infatti, il PON in questione è stato proposto dal Mibac e finanziato dal FESR a seguito del riconoscimento del valore strategico della cultura come potenziale fattore di promozione dello sviluppo, valorizzando il ruolo dei beni culturali come attrattori di investimenti nell’ambito dell’obiettivo “investimenti in favore della crescita e dell’occupazione” per il conseguimento della coesione economica-sociale-territoriale, con l’obiettivo, fra l’altro, di “sviluppare il potenziale delle imprese che operano nel settore delle industrie culturali e creative”, incluse quelle attive “nell’ambito del privato sociale”.

La misura si propone, dunque, rileva il TAR, di operare come “incubatrice” di entità non profit, consolidando quelle già operanti e rafforzandone l’imprenditorialità. Di tale impostazione, però, non si è data corretta attuazione nel bando, che, dando per scontato che le fondazioni – solo perché rivestono tale forma giuridica – non svolgano attività produttive oppure, per altro verso, che queste abbiano già le capacità e caratteristiche che invece l’intervento in contestazione si propone di promuovere e non abbiano dunque bisogno di “sviluppare la dimensione imprenditoriale”, facendo venir meno la necessità della misura di sostegno.

Da tali indimostrate convinzioni discenderebbe la clausola di esclusione di tutte le fondazioni senza scopo di lucro, illegittima nel suo automatismo, ferma restando la verifica in concreto del possesso dei requisiti richiesti.

TAR Lazio, Roma, Sez. II-quater, 27/05/2020, n. 5646


Appalti al Volo

Appalti al volo - L’avvalimento fra presente e futuro

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo si parla di alcuni aspetti rilevanti dell’avvalimento, partendo dal quadro attuale della giurisprudenza e con qualche riferimento alla bozza di nuovo regolamento.

In particolare, si affrontano i temi della responsabilità solidale dell’ausiliata, dell’effettiva messa a disposizione nel contratto di mezzi e risorse e dell’indicazione di un corrispettivo per l’ausiliaria (è sempre necessario?).

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mandataria concordato continuità appalti pubblici

L'impresa in concordato con continuità può partecipare alle gare d'appalto come singola, ma non come mandataria di RTI

mandataria concordato continuità appalti pubblici Un’impresa mandataria di un RTI assoggettata alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale è esclusa dalla partecipazione agli appalti pubblici, mentre a un’impresa in forma singola nella stessa situazione è consentito partecipare. È ragionevole tale distinzione?

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis, co. 6, della Legge Fallimentare è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale dal TAR Lazio, unitamente a quella dell’art. 38, co. 1, lett. a, del previgente Codice dei contratti pubblici, e dal Consiglio di Stato con riferimento al nuovo Codice (ne abbiamo parlato qui).

I giudici remittenti hanno sollevato la questione indicando come parametro l’art. 3 della Costituzione, che impone di non applicare a situazioni sostanzialmente identiche discipline ingiustificatamente diverse, rilevando che le ipotesi di impresa singola e di mandataria in concordato con continuità si differenzierebbero solo per il modulo partecipativo alla gara, ma non in relazione alla finalità dell’istituto di cui all’art. 186-bis, co. 6, volto a favorire il superamento dello stato di crisi dell’azienda, in deroga al generale divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le imprese sottoposte a procedure concorsuali.

Anche dal punto di vista dell’affidabilità finanziaria, l’ordinanza del TAR ha rilevato che l’esclusione dell’impresa mandataria di un RTI – non imposta dal diritto dell’Unione europea – sarebbe irragionevole, in quanto, mentre l’impresa singola risponde da sola dell’esecuzione del contratto, nell’ambito di un RTI orizzontale vi sono una pluralità di soggetti responsabili, per la parte di propria competenza, dell’esecuzione del contratto. Anche con riferimento alla tutela dei creditori dell’impresa in concordato preventivo vi sarebbe un’irragionevolezza della preclusione, che negherebbe all’impresa un’occasione di ottenere un flusso di denaro utile al superamento dello stato di crisi.

La Corte costituzionale, tuttavia, ha ritenuto infondata la questione, ritenendo che la diversa modalità di partecipazione non sia indifferente dal punto di vista dell’interesse della stazione appaltante, per la quale la posizione dell’impresa mandataria di un RTI assume rilievo e valore differenziato rispetto a quella dell’impresa singola. Infatti, se è vero che l’impresa che concorre in forma individuale è tenuta a eseguire per intero le prestazioni a cui è obbligata (e per di più senza l’ausilio delle altre imprese riunite), la circostanza non sarebbe secondo la Corte costituzionale sufficiente a rendere omogenee le due ipotesi.

Infatti, nell’ipotesi dell’esecuzione della prestazione da parte di un RTI, alla finalità pro-concorrenziale del raggruppamento, si affianca, sul piano delle relazioni fra stazione appaltante e soggetto esecutore, la complicazione connessa alla complessità strutturale del RTI, che, pur non dando vita a un nuovo soggetto giuridico, riunisce delle imprese imputando a una di esse particolari funzioni di rappresentanza, responsabilità, e più di interlocuzione con l’amministrazione per conto di tutte.

La Corte costituzionale si è concentrata sulla peculiarità delle modalità di relazione della stazione appaltante con un RTI, ritenendole innegabilmente più complesse di quelle con un’impresa singola, con riferimento, ad esempio alle esigenze di coordinamento delle prestazioni, non risolvibili, come nel caso dell’impresa singola, all’interno della stessa compagine aziendale.

Dunque, l’esclusione della mandataria in concordato con continuità aziendale dalla partecipazione alle gare – consentita invece all’impresa che concorre in forma individuale – sarebbe diretta proprio a evitare che la crisi dell’impresa mandataria possa mettere in discussione il rapporto della mandataria con la stazione appaltante. In conclusione, secondo la Corte costituzionale la mandataria di RTI si troverebbe in una posizione diversa rispetto a quella dell’impresa singola e, pertanto, la norma censurata non potrebbe ritenersi irragionevolmente discriminatoria.

Corte costituzionale, 7/05/2020, n. 85


Appalti al Volo

Appalti al volo - Derby fra il direttore dei lavori negli appalti pubblici e privati

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo parliamo del ruolo del direttore dei lavori negli appalti pubblici e privati: compiti, responsabilità e differenze di ruolo in due ambiti diversi, ma anche così simili.

Il nostro ospite è Carlo Pagliai, ingegnere urbanista, con il quale avremo modo di discutere della funzione del D.L. come garante, innanzi all’amministrazione, della legittimità dell’intervento edilizio.

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vuoto per pieno trasporto scolastico cura italia

Il “vuoto per pieno” per il trasporto scolastico nella legge di conversione del decreto Cura Italia

vuoto per pieno trasporto scolastico cura italiaDopo l’art. 48 del decreto Cura Italia, relativo ai servizi sociali nella fase di emergenza epidemiologica, che ha dato vita a molte discussioni circa il pagamento dei servizi non riconvertiti o riconvertiti solo in parte (ne abbiamo parlato qui), la legge di conversione dello stesso decreto sembra aver introdotto un vero e proprio obbligo di pagamento “vuoto per pieno” per il servizio di trasporto scolastico (l. 24 aprile 2020, n. 27).

In ragione della sospensione del servizio scolastico al fine di contrastare la diffusione del contagio, infatti, anche tutti i servizi a questo connessi sono stati inevitabilmente sospesi. Fra questi, l’assistenza agli alunni con disabilità, che, dapprima trascurata dal richiamato art. 48, ha visto un tentativo di disciplina nel nuovo art. 4-ter, introdotto nel d.l. n. 18/2020 in sede di conversione, che consente agli enti locali (“possono”), durante la sospensione del servizio scolastico, di fornire assistenza agli alunni con disabilità erogando prestazioni individuali domiciliari, finalizzate al sostegno nella fruizione della didattica a distanza e alla realizzazione di attività ricreative individuali.

Con riferimento al servizio di trasporto scolastico, invece – che in effetti a ben vedere è di per sé difficilmente “riconvertibile” in attività a distanza o individuali – il nuovo art. 92 prevede un meccanismo completamente diverso, basato appunto sulla presa d’atto dell’impossibilità di erogare il servizio. La norma, infatti, che riguarda anche il trasporto pubblico locale e regionale, prevede che non possano essere applicate dai committenti, anche laddove negozialmente previste, decurtazioni di corrispettivo, sanzioni o penali in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate.

Il divieto di decurtare il corrispettivo appena richiamato sembra proprio riferirsi a un meccanismo di c.d. “vuoto per pieno”, in base al quale il servizio viene retribuito anche se non vi sono passeggeri – visto che le scuole sono chiuse – e quindi non si effettuano le corse.

La ratio della norma, che va certamente ricondotta al sostegno economico al settore, è comprensibile ma lascia aperta la questione del sostegno ad altre categorie di operatori in posizioni analoghe, ferma restando la peculiarità dei servizi il cui andamento è strettamente collegato alla durata dell’anno scolastico.

La natura della misura è confermata, del resto, dal successivo co. 4-quater, ai sensi del quale la sua efficacia è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’art. 108, par. 3, TFUE, che disciplina appunto la verifica preventiva della compatibilità con il mercato interno dei progetti diretti a istituire aiuti di Stato.

Decreto-legge 17/03/2020, n. 18, conv. con mod. dalla l. 24/04/2020, n. 27


Appalti al Volo

Appalti al volo - Coinvolgere gli operatori con il partenariato pubblico privato

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo parliamo dei vari modelli di partenariato pubblico privato, di cosa si intende per allocazione del rischio e dell’efficacia di questi strumenti, se utilizzati nel contesto corretto e con lo spirito giusto.

Il nostro ospite è il dott. Gianpiero Fortunato, esperto di PPP.

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App Immuni procedura di selezione appalto gratuito

La procedura di selezione dell’app “Immuni”

App Immuni procedura di selezione e appalto gratuito L’app “Immuni” è l’applicazione di tracciamento dei contatti digitale selezionata tramite una delle “fast call” di “Innova per l’Italia”, iniziativa congiunta del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, il Ministro per lo Sviluppo Economico e il Ministro per l’Università e la Ricerca, di cui abbiamo già parlato al momento della pubblicazione delle call.

La “fast call”, pubblicata il 23 marzo, è rimasta aperta solo tre giorni e si rivolgeva solo a chi avesse già realizzato le soluzioni tecnologiche richieste, con una terminologia piuttosto generica relativa a quelle che sarebbero state le effettive modalità di selezione e acquisizione delle soluzioni proposte e in assenza di richiami a norme di legge che disciplinassero l’iniziativa.

Oggi, la notizia della individuazione dell’applicazione da adoperare sta avendo molto risalto sulla stampa e, comprensibilmente, si discute animatamente dei profili relativi alla tutela della riservatezza dei dati che saranno acquisiti durante il suo utilizzo. Anche la procedura di selezione della proposta fra quelle pervenute e la natura del rapporto negoziale con il soggetto titolare dell’applicazione, però, sono meritevoli di attenzione.

Con l’ordinanza n. 10 del 16 aprile 2020 il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19 ha disposto di “procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons S.p.A.”. Al momento non sono disponibili altri atti del procedimento se non tale ordinanza, di cui è stata disposta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Le premesse dell’ordinanza fanno riferimento, quale fondamento normativo della stessa, soltanto all’art. 122, co. 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, ai sensi del quale “al fine di assicurare la più elevata risposta sanitaria all'emergenza, il Commissario attua e sovrintende a ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza stessa”.

Nelle premesse del provvedimento non è poi riscontrabile una effettiva motivazione circa le ragioni per la selezione di tale specifica applicazione in termini comparativi con le altre numerose soluzioni proposte, ma solo delle indicazioni alquanto generiche su alcune sue caratteristiche. Al contempo, lo specifico oggetto del contratto di “concessione gratuita della licenza d’uso” ma soprattutto dell’“appalto di servizio gratuito” con la società titolare dell’applicazione non sono al momento stati resi pubblici.

Sulla possibilità di affidare appalti “gratuitamente” si è discusso a lungo in giurisprudenza. Quel che è certo è che, quando si riconosce che un simile affidamento sia possibile, è alla luce del riconoscimento del fatto che vi è comunque una “ragione economica a contrarre” (e dunque l’offerta è seria ed affidabile) ragione la quale, pur non trovando fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, può risiedere “anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto” (Cons. St., sez. V, 3 ottobre 2017, n. 4614).

Con riferimento all’app Immuni, la società che ne concede l’utilizzo ottiene almeno tre utilità apprezzabili sotto il profilo economico: la maturazione di notevoli requisiti esperienziali da far valere in future gare pubbliche (e chiunque si occupi di appalti sa quale possa essere il valore di tali requisiti), una immensa notorietà e “pubblicità” a livello nazionale e l’occasione di sperimentare le proprie soluzioni tecnologiche su larghissima scala.

In tale contesto, è difficile non interrogarsi sulla decisione di non applicare alla procedura in questione la disciplina degli appalti pubblici, che pure – come si è già rilevato – prevede diverse ipotesi di affidamento in via di urgenza anche molto accelerate, oltre che istituti che consentono di mettere a confronto soluzioni innovative, cui si sono affiancate le procedure speciali e in deroga previste dalla decretazione d’urgenza delle ultime settimane. In fondo, tra la chiusura della fast call e l’ordinanza sono comunque trascorsi venti giorni.

Sul punto si è espressa anche la Commissione europea con la Comunicazione “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19” (2020/C 108 I/01), segnalando che anche le modalità di affidamento urgenti si collocano in qualche modo all’interno del quadro europeo in materia.

Del resto, lo stesso art. 122 del d.l. Cura Italia richiamato nelle premesse dell’ordinanza prevede che il Commissario “nell’esercizio di tali attività può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house, nonché delle centrali di acquisto”. Come emerge anche dalle pieghe di un recente decreto del TAR Lombardia, Milano, (Sez. I, 22 aprile 2020, n. 596), le deroghe alla disciplina ordinaria dei contratti pubblici – come a qualunque altra norma di legge –  nell’attuale fase di emergenza sono ammesse laddove ciò sia necessario, ragionevole e motivato, e non solo alla luce della generica esistenza della fase di emergenza stessa.

Anche al di fuori della disciplina degli appalti pubblici, in ogni caso, sarebbe comunque necessario tenere a mente i principi generali dell’azione amministrativa e, ove si vada ad attribuire un vantaggio economico, l’art. 12, l. 241/1990. In questo caso, la mancanza di predeterminazione dei criteri, di trasparenza della procedura e di carenza di motivazione circa la selezione di un soggetto chiamato a svolgere un compito così importante non sembrano essere giustificati da alcuna concreta ragione connessa alla fase di emergenza.


danno all’immagine per false attestazioni sulla presenza in servizio incostituzionale

Il danno all’immagine per false attestazioni sulla presenza in servizio è incostituzionale

danno all’immagine per false attestazioni sulla presenza in servizio incostituzionaleIl danno all’immagine è una categoria particolare di danno erariale che consiste nel pregiudizio subìto dall’amministrazione che, a causa della condotta illecita del proprio dipendente, perde credibilità e fiducia da parte dei cittadini amministrati.

Il danno all’immagine è frutto di un’elaborazione giurisprudenziale della Corte dei Conti ed è stato disciplinato dalla legge per la prima volta nel 2009 (art. 17, co. 30-ter, d.l. n. 78/2009). Lo stratificarsi delle norme sul danno all’immagine derivante da una sentenza passata in giudicato per un reato a danno della pubblica amministrazione ha creato un sistema di rinvii di non facile interpretazione, di cui abbiamo già parlato in altre occasioni.

In aggiunta a tale ipotesi di danno all’immagine, di recente è stata tipizzata anche quella del dipendente che presenti false attestazioni circa la sua presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente. In particolare, si prevedeva che, in tali casi, dopo l’avvio del procedimento disciplinare, venisse effettuata una segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti che, al ricorrere dei presupposti, emetteva un invito a dedurre per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento.

L’ammontare del danno risarcibile era rimesso alla valutazione equitativa del giudice, anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione, ma prevedendo che comunque l’eventuale condanna non potesse essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento (art. 55-quater, co. 3-quater, d.lgs. n. 165/2001, introdotto dal d.lgs. n. 116/2016).

Su tale previsione è intervenuta la Corte costituzionale, dichiarandone costituzionalmente illegittimi per eccesso di delega il secondo, terzo e quarto periodo. Infatti, a differenza di quanto avvenuto con la precedente legge n. 15/2009, in cui il legislatore aveva espressamente delegato il Governo a prevedere l’obbligo per il dipendente responsabile del risarcimento tanto del danno patrimoniale quanto del danno all’immagine subìti dall’amministrazione, la legge di delegazione n. 124/2015, in attuazione della quale si è inserita la previsione in questione, prevede unicamente l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare.

La Corte costituzionale ha esaminato anche i lavori parlamentari, rilevando che la questione della responsabilità amministrativa non risulta essere mai stata oggetto di trattazione, a conferma della circostanza che la materia delegata consiste unicamente in quella attinente al procedimento disciplinare, senza che possa ritenersi in essa contenuta l’introduzione di nuove fattispecie sostanziali in materia di responsabilità amministrativa.

Pertanto, sebbene il giudice rimettente si fosse limitato a sollevare la questione con riferimento alla parte della norma che riguarda le modalità di stima e quantificazione del danno all’immagine, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità anche del secondo e del terzo periodo del comma in questione, in quanto funzionalmente inscindibili e costituenti, nel loro complesso, un’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa non consentita dalla legge di delega.

Corte costituzionale, 10/04/2020, n. 61


Appalti al Volo

Appalti al volo - Le procedure di urgenza durante e dopo l’emergenza

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo parliamo delle procedure di urgenza per l’affidamento degli appalti pubblici, in generale e con un particolare focus sull’attuale fase di emergenza sanitaria.

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inversione procedimentale appalti pubblici corte costituzionale

La Corte costituzionale sull’inversione procedimentale negli appalti pubblici: solo nelle procedure aperte

inversione procedimentale appalti pubblici corte costituzionaleL’inversione procedimentale negli appalti pubblici è quell’istituto per cui si anticipa l’esame delle offerte rispetto al controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione, siano essi di ordine generale, di idoneità professionale o di capacità economica-finanziaria e tecnica. La finalità di tale inversione è la semplificazione delle procedure di gara e la riduzione del tempo necessario per la verifica della documentazione amministrativa presentata da tutti i partecipanti.

Il d.l. n. 32/2019 (c.d. Decreto Sblocca cantieri) aveva introdotto nel Codice dei contratti pubblici un’espressa previsione sull’inversione procedimentale nei contratti sotto soglia. Tuttavia, in sede di conversione del decreto, la legge n. 55/2019 ha eliminato l’intero comma in questione (art. 36, co. 5), disponendo al contempo che la norma sull’inversione procedimentale nei settori speciali – l’art. 133, co. 8 – si applichi anche ai settori ordinari fino al 31 dicembre 2020.

Trattandosi di un meccanismo adoperato nella prassi dalle stazioni appaltanti anche in assenza di un’espressa previsione normativa, in seguito a tali modifiche è sorto il dubbio circa la legittimità di tale utilizzo al di fuori delle ipotesi previste dal Codice.

La questione è stata da ultimo di recente affrontata dalla Corte costituzionale, nel vagliare la legittimità costituzionale di una legge della Regione Toscana che prevedeva la facoltà per le stazioni appaltanti – nelle procedure negoziate sotto soglia da aggiudicarsi col criterio del minor prezzo – di utilizzare l’inversione procedimentale (art. 1, l. r. Toscana n. 46/2018).

Come è noto, le norme statali che regolano le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme, nemmeno nelle procedure sotto soglia.

Ebbene, nel caso di specie la Corte costituzionale ha ritenuto che la norma della Regione Toscana fosse effettivamente in contrasto con il Codice dei contratti pubblici e, in particolare, con l’art. 133, co. 8, che, prevedendo la facoltà di inversione nell’esame della documentazione amministrativa e di quella relativa all’offerta solo per le procedure aperte, ne escluderebbe l’utilizzo nelle altre procedure.

Nel ritenere costituzionalmente illegittima la legge della Regione Toscana, dunque, la Corte costituzionale conferma l’interpretazione per cui – al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge statale, e dunque oggi dall’art. 133, co. 8, del Codice – l’inversione procedimentale non sarebbe consentita.

Corte costituzionale, 6/03/2020, n.39